martedì 25 novembre 2025

Ricordo che una volta, tanti e tanti anni fa che ancora neppure lavoravo, ero un semplice studentello e non sono neanche sicuro che fossero le superiori, una volta, dicevo, morì una persona che i miei conoscevano.

«Bene che è schiattato! Ha fatto passare una vita d'inferno, a quella povera donna!»

Questa era la frase che sentii dire. Che mi colpì. Oltre a tutta una serie di epiteti nei confronti del deceduto. Credo che sia l'unica forma di vera rivalsa che possiamo permetterci nei confronti dei violenti, delle persone cattive, degli autori di insopportabili soprusi: essere contenti del loro decesso. Perché è bene non essere ipocriti: se lo meritano, di schiattare. In questi anni ho assistito ad altri casi simili, tra cui due ragazze giovani aggredite da “bestie” che vivono a poca distanza. Ho dovuto ricorrere a un avvocato, ma la tentazione di scendere di casa con un paio di coltelli e infilzarli come tordi allo spiedo ce l’ho ancora.

Episodio lavorativo di diversi anni fa, tornatomi alla mente proprio oggi, 25 Novembre.

Ero di notte quando vidi piombare giù dalle scale, come una furia, una ragazza abbastanza giovane. Era letteralmente sconvolta. Fece praticamente volare giù la valigia dalla rampa. Ma quel che mi colpì fu un ben altro particolare: un forte rossore su una delle guance.

Mi disse che doveva andare via subito.

Io le proposi di chiamare la polizia, ma lei disse subito di no. Voleva solo scappare, fuggire lontano.

Le proposi la stazione, dove avrebbe potuto prendere un treno, benché al momento ancora fosse notte fonda e il primo treno del giorno non ci sarebbe stato per almeno un'ora. Lei disse di no: se lui esce e mi cerca? Aveva una paura folle. Il terrore puro dipinto negli occhi.

Allora vada alla stazione di Campo di Marte. Dalle 5 in poi ci sono treni che vanno a Roma. O Arezzo. O comunque a sud. È lontana, le chiamo il taxi.

Mi chiese la conferma, titubante e sospettosa, e non potevo darle torto. Uscì e aspettò, un po’ tranquillizzata. Chiami subito il taxi sperando che lui non scendesse proprio in quel momento. Mi preparai anche a un eventuale scontro fisico, non avevo intenzione di farlo avvicinare a lei. Ma il taxi arrivò prima. Usciì e spiegai la destinazione al tassista -la ragazza parlava solo la sua lingua- poi le augurai buona fortuna. Non potei non notare le lacrime che le scorrevano, solo in quel momento, lungo le guance. La tensione stava sparendo, cominciava a sentirsi al sicuro; soprattutto comprese che poteva fidarsi di quello sconosciuto portiere notturno

Pochi minuti e scese lui. Con la valigia.

Non ricordo neanche la faccia, poteva avere l'espressione e i tratti delicati di Jake Gyllenhaal in Brokeback Mountain, gli avrei comunque offerto la mia accoglienza più gelida. Non mi alzai neanche in piedi, stavo seduto sul panchetto con il ginocchio appoggiato al bancone, digitando distrattamente sul computer e dandogli la minima attenzione. Stavo tentando di resistere alla tentazione di saltare il bancone e dargliene tante. Ma tante.

Chiese se una ragazza era passata di lì, come se io, in portineria, ci stessi per caso. Risposi di si, senza neanche guardarlo in faccia. Alla stazione, 5 minuti a piedi, poco più avanti dell'hotel.

Mi dette la chiave e stava per andare via, al che lo bloccai e, piuttosto rudemente, gli chiesi se avesse intenzione di restare ancora, visto che aveva comunque un'altra notte già pagata. Lui mi confermò che non sarebbe tornato. Io neanche risposi; presi la chiave e stavo per rimetterla a posto, al che lui mi chiese una conferma: questa stazione qui?

Gli risposi che Firenze è piccola, e non ci sono altre stazioni. E lei aveva detto che voleva andare a Milano, c'è un treno alle 6.

Se ne andò definitivamente, quasi di corsa, per una ricerca inutile. Addebitai una notte ulteriore, feci uscire il conto -non c'era ancora la tassa di soggiorno, erano davvero tanti anni fa- e lasciai la nota ai colleghi del giorno che la camera era partita in anticipo. Nel frattempo, speravo che, mentre correva da una piattaforma all'altra cercando lei, cascasse sul binario proprio quando stava sopraggiungendo il regionale da Empoli.

Perché se lo meritava tutto, di essere tagliato in vari pezzi sulle rotaie.

Buon 25 Novembre e buone scarpette rosse a tutte.

sabato 22 novembre 2025

Non è una storia dell’albergo, ma un esempio di certi comportamenti di noi italiani.

Quest’estate fa mi trovavo dai miei a Cetica, comune di Castel San Niccolò (AR). Ameno paesello di montagna patria della patata rossa e di un gruppetto di bifolchi -non tutti gli abitanti del paese, per fortuna- che appenderei volentieri a testa in giù in una piazzetta milanese.

Mi appresto a prendere il bus Bibbiena-Firenze che passa da Montemignaio; mi rilasso fuori casa, sotto la tettoia, osservando la pioggia che cade copiosa, finalmente un po' di fresco. Non mi rendo conto che quel breve acquazzone montano a Firenze era un vero e proprio nubifragio. Ma ormai è così e sarà sempre più così.

Causa pioggia, la Cami -figlia 1.0- mi accompagna in auto alla fermata. Questa cosa che le donne guidano mi perplime, vorranno mica pure il voto? (Ogni volta che guida lei mi diverto a prenderla in giro così. Ovviamente mi risponde a tono.)

Sul pullman mi metto sempre davanti, mi piace vedere la strada. L’autista del mezzi è un discreto chiacchierone. Parla soprattutto delle sue grandi capacità di cuoco, in particolare quando gli chiesero di cucinare per sessanta amici in una festa privata a Stia. Beato te che ti garba di cucinare, io lo faccio da più di vent’anni per tre tipe e tre gatti. Quando sono stato da solo in casa per due settimane, ho perso 5 chili. Ma il peggio deve ancora venire:

L’autista, tra una chiacchiera e l’altra, guida usano i gomiti così da avere le mani libere per il cellulare. Sui tornanti di una delle zone più scoscese del Pratomagno.

La strada è letteralmente scavata sul fianco della montagna. Da una parte un muro di roccia, dall’altro la scarpata. Penso, molto ottimisticamente, che se l’autista manca un tornante il pullman sarebbe bloccato dagli alberi, ma vista la mia sfiga, si sarebbe finiti dritti dritti nel torrente Scheggia, dopo un volo che fanno solo i cattivi quando inseguono Indiana Jones.

Il terrore è persistente dato che i tornanti sono pressoché continui, sia dopo Montemignaio che successivamente, nel lungo tratto che dalla Consuma scende a valle. Mi sento tranquillo solo arrivati a Pontassieve. Ma per poco.

Alle rotonde si lancia dentro ignorando le auto già sul percorso, che sono costrette a inchiodare repentinamente. Sono sicuro che gliene hanno dette di tutti i colori.

Ma mai quanto ho fatto io, nella mia mente.

A volte penso che bisognerebbe vietare totalmente i mezzi a motore, a noi italiani, e tornare alle carrozze coi cavalli.

sabato 15 novembre 2025

Come canta Alice nel paese delle meraviglie “Io mi so dar buoni consigli”, ma proprio come lei ho grandi difficoltà a metterli in atto. Qualcuno di voi che legge questo modesto blog dirà “Marce, fatti li ca**i tuoi!” ma io ci sto male lo stesso. Non sono il tipo da “me ne frego”; io “mi interesso”.

Turno pomeridiano di alcuni anni fa, abbiamo in casa una numerosa famiglia del sud-est asiatico, sono almeno otto persone e per viaggiare comodamente lungo la penisola hanno noleggiato un minivan. Gente ben messa economicamente, facente parte dell’élite facoltosa della propria nazione.

Si ritrovano davanti al bancone in attesa di uscire per cena. Uno degli adulti si presenta anche per saldare il conto delle camere e avvantaggiarsi nei tempi -e facilitare a noi il lavoro, è sempre una cosa che apprezziamo molto- coadiuvato dalla figlia adolescente che parla inglese. Poi la ragazza mi chiede la strada per  arrivare a Pisa, in modo da vedere la Torre pendente prima di recarsi a Roma, la loro prossima destinazione a cui seguirà il volo di ritorno. Da fiorentino assolutamente non campanilista gli fornisco con molto piacere le indicazioni da mettere sul navigatore. Ringraziano e si rimettono a discutere in attesa che altri membri dell’allegra famiglia scendano dalle camere.

A un certo punto però, la ragazza torna alla carica con una domanda che mi perplime non poco: dove si trova questo outlet?

Riconosco bene l’immagine che lei ha sul suo telefono. Gli spiego quindi, essendo mio dovere, la posizione di codesto luogo. Ma a quel punto segue la richiesta d’informazione sulla distanza che intercorre con Pisa. Che non è poca: l’outlet è nei pressi dell’autostrada, in direzione opposta.

Sentendo approssimarsi il patatrac, ma spiego alla ragazza che “pazienza per l’outlet. Da Pisa potete prendere questa strada che costeggia la costa ed arrivare quindi a Roma”.

L’adolescente asiatica non dice niente. Si limita a riferire, agli altri, le difficoltà di vedere due luoghi così distanti tra loro prima di intraprendere il cammino verso l’Urbe. Lo fa nella loro lingua, ma capisco che stanno decidendo cosa andare a visitare la mattina successiva, o l’una o l’altra cosa. E quando sono finalmente tutti riuniti, la decisione è unanime:

L’outlet.

Lo so, non sono affari miei: questa famiglia aveva prenotato delle camere e contribuito ai nostri stipendi, ma io ci sto male lo stesso. Così tanta bellezza scartata per due pezzi di pelle incollati assieme.

Presa quindi questa scellerata -scusate, ma non riesco proprio a vederla diversamente- scelta, se ne escono tutti insieme per mangiare, mentre io rimango lì a rimuginare.

Con la morte nel cuore.

venerdì 7 novembre 2025

Noi italiani abbiamo un retaggio culturale stratosferico. Un qualcosa che dovrebbe rendere tutti orgogliosi e costringerci a sapere bene la nostra grammatica, il lessico, le opere redatte in questi secoli. Ma soprattutto tenere certi comportamenti decorosi.

Ma quando mai?

A parte la maleducazione in sala colazioni, dove molti nostri concittadini si comportano al livello di una mandria di bufali scofanandosi tonnellate di cibo come se non ci fosse un domani, ecco tre esempi di comportamenti da bestie in calore:

1-Turno di mattina. coppia giovane che scende in sala colazioni. Dopo essersi riempita la pancia di tutto il possibile -lasciando molto cibo sul tavolo, spesso con un solo morso-, la ragazza si attarda ad un tavolino dove si trovano i depliant di ogni tour in città e dintorni. Lui si avvicina da dietro e l’abbranca con le mani che vanno a posarsi sul seno. Lei non solo non lo respinge, ma mostra pure di gradire. Io, al banco, distolgo lo sguardo ma come provo a puntare l’occhio li vedo ancora lì, in quella posa; ci restano una buona decina di minuti, sotto gli sguardi increduli delle persone che entrano ed escono dalla sala colazioni.

2-Altro turno di mattina, coppia matura più o meno sulla cinquantina: lui in jeans ma con giacca e cravatta, quindi una certa eleganza e pure portamento, a parte una non indifferente panzetta fantozziana; lei, abbigliata con gonna sopra il ginocchio, zeppe di venti centimetri e balconcino che ci si potrebbe apparecchiare, si siede…anzi, si stravacca sul divanetto davanti al bancone. Devo distogliere attentamente lo sguardo perché tiene le gambe così aperte che potrei farle una visita ginecologica anche dal bancone. Ma per fortuna altri clienti, che ovviamente osservano con curiosità quella posizione decisamente poco elegante, si avvicinano al bancone per chiedere informazioni.

Lui però decide di mettere in atto la cafonaggine: allarga le gambe in modo che quelle di lei stiano proprio nel mezzo, poi inizia un balletto col bacino, con l’inguine all’altezza della sua faccia. Lei mostra di apprezzare molto, i clienti che sono al bancone prima osservano allibiti, poi voltano le teste verso di me e si trattengono a stento dal ridere perché sto affondando la faccia nel palmo della mia mano. Chissà se hanno percepito il mio imbarazzo di italiano per questi miei “delicatissimi” concittadini.

3-Turno pomeridiano, c’è una coppia su uno dei divanetti al bar. A un certo punto non li vedo più ma percepisco, anche con l’andirivieni di persone fuori e dentro, delle risatine; Presumo che si siano messi su due poltroncine che si trovano lì dietro, non visibili dal bancone.

Poi arriva il silenzio. Un momento strano perché non entra o esce nessuno. E non sento più neanche loro due.

Faccio una cosa un po' irrituale: decido che è ora del caffè e mi avvio verso il bar. Faccio comunque del rumore, canticchio un pezzo che ho nella testa, ci metto qualche secondo in più camminando con una certa flemma.

Non guardo direttamente loro, ma posso osservarli con la coda dell’occhio: lei è inclinata su di lui, con il mento sulla sua spalla, lui è praticamente disteso sulla poltrona e ha il giubbotto sopra il bacino ma non ci vuole molto a capire che ha i pantaloni slacciati.

Stavo seriamente per dirgli «Che diamine, avete la vostra camera, andate su!»

A me piacciono le coppie che si tengono per mano e si danno bacini, qualsiasi sia il loro sesso. Ma si ponessero dei limiti, perbaccolina!