Non si è mai al
sicuro.
Mai.
Puoi nasconderti nel
buio della notte, chiudendoti dentro a chiave, ma i mostri sono lì
fuori, pronti a sfruttare qualsiasi tua debolezza, qualsiasi minimo
errore.
Qualsiasi cazzata.
Ed io ne faccio
diverse. Non è che il sottoscritto sia proprio quel che si dice un
fulmine di guerra.
La mattina arrivano
i ragazzi delle colazioni. Oddio, ragazzi è un termine un po'
aggressivo, non è che siano proprio di primo pelo. Il caso umano è
Marco, detto Grisù per la sua piromania accidentale; ai tempi che si
poteva fumare nei locali, svuotò il portacenere nel sacco della
spazzatura. Sacco pieno di cartacce di tutti i cestini della hall,
che stava appunto svuotando, e portacenere con la sigaretta di
Gianni. Accesa. Risultato: allegro fuocherello nello stanzino delle
scope, dove aveva riposto il sacco. Ed a dimostrazione che
perseverare è diabolico, l'ha fatto due volte. L'altra addetta è
Herr Oberst Marina. Sguardo truce e polso d'acciaio di un ufficiale
della wermacht nell'esercizio delle sue funzioni.
Come sempre, quando
arrivano alla mattina, mi suonano il campanello ed accorro ad aprire.
Chiudersi dentro è fondamentale, durante il turno di notte. Perchè
la feccia più assurda potrebbe avere la malsana idea di entrare
dentro a curiosare, e mi tocca fare come il signor Spock: pace e
prosperità ma levati dai 3 passi subito.
Ed infatti mi
dimentico di richiudermi dentro.
Ed ovviamente entra
lui, splendido esemplare della flora notturno-mattiniera fiorentina:
canotta che fu bianca e sotto le cui macchie pare intravedersi un
“Hard Rock Cafè Chiesina Uzzanese”, jeans sdruciti tagliati al
ginocchio e fatti diventare allegri bermuda con fili di cotone che
penzolano, infradito reduci da 20 anni di guerra del Vietnam e
scarpinate sue giù per il sentiero di Ho Chi Min nella giungla, e
chissà come arrivate fino a lui. Ed un ciuffo di capelli che, se strizzati, darebbero mezzo litro di extravergine marchio coop.
E quell'odorino che
fa tanto “l'omo macho ha da sapè di cacio”.
Che ovviamente si
dirige verso la sala bar.
Perciò mi tocca
piazzarmi davanti.
-Buondì gentile
signore. Desidera?-
Si ferma perchè,
per la nota legge della fisica, un corpo solido che sbarra la strada
impedisce ai rompiballe di andare dove gli pare. Guardando oltre il
sottoscritto, non riesce a fare altro che alzare la mano ed indicare
quel che si intravede nel buio.
-Bar- E' tutto quel
che riesce a dire. Deduco che non deve avere un ampio vocabolario.
-Si, lì c'è un
bar. Ma come può vedere dalla mancanza di luci, è al buio. Si
chiama orario di chiusura. E' sfortunato, mi spiace. Provi alla
stazione-
Mi guarda. Da circa
un metro di distanza. Non perchè gli piaccia osservare un minimo di
intimità; semplicemente, è la circonferenza della sua pancia.
Indico l'uscita
-Prego, da questa parte-
Non pare
eccessivamente rassegnato ad andarsene, ora che è riuscito a
penetrare all'interno. Fa un paio di passi indietro e mi fa:
-Voglio una camera-
Stavolta denoto un discreto accento italo-confederato.
-Mi spiace, siamo al
completo-
Osserva le chiavi
appese al pannello dietro al bancone -E quelle?-
-Ristrutturazione.
Muratori. Calcinacci, mattoni, piastrelle, sacchi di cemento. Abbiamo
tolto i letti, i sanitari, tutto. Tutto smurato. Mi spiace, provi tra
un paio di mesi, dovrebbero aver rimesso a posto. Per essere più
sicuro faccia anche un paio d'anni-
-Io dormo anche sui
sacchi di cemento-
-Non ne avevo dubbi.
Arrivederci-
-Ma io..-
-Arrivederci-
Il suo sguardo si fa
improvvisamente assassino, allunga le dita della mano a pochi
centimetri dalla mia faccia.
Io lì fermo, con i
sudori freddi.
Un ultimo pensiero a
moglie, figlie, Borja Valero. Vi ho sempre amati.
Gary, scalda i dadi,
tra poco giochiamo.
Dice qualcosa per me
inconprensibile, sicuramente riferito alla mia persona e muro che gli
oppongo. Muro non particolarmente resistibile, certo, soprattutto
vista la sua mole, ma comunque necessitante di sforzo per abbatterlo.
La mia unica speranza, è che pensi che tale sforzo non valga la
pena.
Per fortuna la pensa
proprio così. Minaccia, ma poi si gira e se ne va.
Però non è
possibile vivere e lavorare così, chiuso dentro neanche fossi un
soldato giapponese in un bunker di cemento su una sperduta isoletta
del Pacifico. Almeno una mitragliatrice, i miei capi, potrebbero
comprarmela.
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