venerdì 9 ottobre 2015

Spocchiosi, arroganti, presuntuosi, supponenti, litigiosi, polemici…

Quanti altri aggettivi si possono trovare per descrivere i fiorentini?

Diciamola tutta: ‘un si garba punto. Ora poi, che siamo primi in classifica, in molti ci odiano proprio. Gli garberebbe rivedè l’Arno che se ne va a giro per il centro (evento che capita solo quando si tratta di mantenere vergini certe tipe).

Raga, tranquilli: a fare danni, ci pensiamo noi fiorentini stessi, che ci odiamo a tal punto da tenere fermi i bus nei depositi, in uno sciopero che, anche lì per qualche strana congiunzione astrale, cade sempre e puntualmente di venerdì. Oppure con il fantasmagorico blocco delle centraline dei taxi; magicamente, vanno in tilt solo ed esclusivamente quando in comune dichiarano che avrebbero immesso più licenze taxi, e la cosa più stupefacente è che i tassisti, quando si arrabbiano, si riuniscono in assemblea in una casa del popolo. Che è un po’ come se Briatore, invece del Billionaire, decidesse per una sera di andare alla Festa dell’Unità di Agliana. E venisse accolto a grandi pacche sulle spalle.

Ci salvano i turisti, che amano Firenze a tal punto da venire qui costi quel che, tra scioperi di ogni tipo, disservizi vari, traffico impazzito, costi altissimi, tasse di soggiorno e chi più ne ha più ne metta.

Non tutti, purtroppo.

Turno pomeridiano.

Benchè abbia la metà dei miei anni, entra nell’albergo con il fiatone di Bartali sul Tourmalet, costretto da De Gasperi e Togliatti a spingere sui pedali per salvare il paese dal disastro. E’ fatta al 90% di gambe. Il problema è che è alta quanto il trolley che spinge. Che deve avere un peso approssimativo di 3 tonnellate.

Ed anche lei, come peso, dobbiamo essere su quella cifra. Tanto per farvi capire le proporzioni.

Finally i’m here!” Urla in inglese con accento castigliano. Poi si stravacca sul divano della hall, lasciando il trolley nel mezzo, ed esprime il suo spassionato parere su di noi, condiviso con tanti fiorentini ed il 90% del resto della penisola:

I hate this city”

Non sono adorabili? Non vorreste lanciargli una Kamehameha, quando fanno così?

Non mi va di discutere con costei dei problemi che emergono nel viaggiare. Uno dovrebbe tenerli in conto. Ci sono, e tanti. Ne ho patiti anche io, ma il punto focale, lo zenit del viaggio disastrato, la mia piccola odissea personale, fu il trovarmi in pieno buio fuori dall’aeroporto di Dublino: l’ultimo volo atterrato, l’ultimo bagaglio sul nastro trasportatore, l’ultimo ad uscire dall’aeroporto, con una grassone cinquantenne con capelli rossi ed un pancione premaman plurigemellare che non aspettava altro che mi levassi dai tre passi per chiudere il bandone ed andarsi a scolare una ventina di quelle straca**o di guinness, good for him e maledettamente bad for me. Una volta fuori, bandone che si abbassa, luci alle mie spalle che si spengono e, davanti ai miei occhi, un megaparcheggio completamente vuoto, fermate bus e taxi comprese, ed a malapena illuminato da pallidissimi lampioni. Oltre, il verde smeraldo della splendida campagna irlandese: totalmente invisibile perchè immersa nel buio della notte. Che è ottimo se sei con una bella ragazza, ma non serve ad un ca**o se hai sulle spalle un megazaino di 3 quintali.

Ma me l’ero cercata. Me la sono suonata e cantata da solo. Mi sono rimboccato le maniche e, come direbbe Gunny: improvvisare, adattarsi e raggiungere lo scopo. Sono sopravvissuto, sono ancora qui. Tornato con un amore sconfinato per l'Irlanda, a cui non ho mai dato colpe alcune. A parte bus e taxi, ovviamente.

La sorella gemella di Brontolo invece no. Viaggia con un mega trolley e si lamenta delle difficoltà del caso. Se la prende con la città che aveva deciso di visitare. Scommetto che se si trovasse a movimentare quel trolley tra le macerie di Kobane, davanti ad un curdo armato fino ai denti che quelle rovine le ha strenuamente difese, non direbbe “i hate this city”.

Ma io, per mia grande, enorme e sfacciata fortuna, sono l’opposto di un guerrigliero dotato di ak-47. Sono un impiegato in giacca e cravatta, con il dovere di trattare tutti i clienti allo stesso modo: con garbo e gentilezza. E’ entrata esclamando “finally i’m here” quindi presumo che fossimo proprio noi, l’albergo che ha prenotato per la vacanza a Firenze. Ok, vediamo chi è costei, in che modo ha prenotato, quanti notti sta, eccetera eccetera. Così se ne sale in camera e magari, dico magari, si tranquillizza.

Invece, quando la tipa decide di alzare le sue chiappone dal divano e venire al bancone, se ne viene fuori con questa splendida frase:

I need a room”.

Io mi sto chiedendo ancora oggi, a distanza di quasi un mese, perché mai avesse detto “finally i’m here”, e perché abbia eletto questo albergo a luogo deputato per le sue follie. Con tutte le strutture ricettive che ci sono da SMN a qui, lei ha deciso che questo era il luogo, il posto. Questo e nessun altro.

Li attiro come i salmoni con gli orsi.

Una camera ce l'ho. L'ultima. Non una singola, ma una doppia, e come tale in vendita, che ci siano una o due persone. La informo sul prezzo e, sorprendentemente, le va bene. E non è un prezzuccio. Ma prima chiede di vedere la camera. E' giusto, è sempre bene visionare il prodotto, prima di acquistarlo. Perciò chiamo Turbo Matteo e lo mando su con lei a visionare la stanza.

Poteva andar bene? Ovviamente, no.

Scende dopo pochi minuti che è “horrible”. Oscura, buia, non c'è neanche la finestra.

Mah. Veramente la finestra c'è.

Where?”

Ma come “where?” Dietro la tenda. C'è un bel tendaggio, a coprire la finestra. Anche Matteo ribatte il concetto. Era proprio di fronte all'ingresso, bastava avanzare e scostarla. La tipa non ha fatto neanche due passi all'interno che è voluta venire via subito.

Alza le spalle; evidentemente, di scostare una tenda, non le interessa. Mi chiede se abbiamo una camera più luminosa.

Ora, avrei potuto sbattermi un po' e vedere cosa potevo combinare, ma certi atteggiamenti mi scompongono. Mi tocca mettermi a fare il tetris nelle camere in assegnazione, spostando gli arrivi del giorno e riassegnando il tutto. Operazione niente affatto semplice. Camere al quarto e quinto piano sono fuori discussione. Sono prenotate. C'è chi chiede quel piano per avere la terrazza e la vista. E comunque la tenda c'è anche lì. Potrei trovarle una al primo piano, ma dà sulla strada, ed ovviamente, lei se ne viene subito fuori che la vuole “quiet”: tranquilla.

Più tranquilla di quella che le ho fatto vedere, peraltro, non ne ho.

So, you don't have a room for me?”

Questa è veramente la frase che indispone il portiere. Ma chi sei? Ma chi ti conosce? Arrivi qui in un pomeriggio inoltrato, ti lamenti di problemi che ti sei creata da sola e non avresti avuto se fossi rimasta a casa tua ed ora pretendi anche che, le 17 passate, in una delle città più visitate del globo, periodo super affollato, pieno di gente che attraversa il pianeta per visitarci, che brama, finalmente, di godere dell'agognata vacanza fiorentina, tu dicevo, solo e soltanto tu, pretendi di trovare, nel primo albergo in cui entri, la camera perfetta? Ma sei in vacanza. Rilassati, che non sei sola al mondo. Non è che ho una camera per te. Ho una camera, punto. Te la fai andar bene, se vuoi dormire.

We did our job: we sold all the rooms. This is the only available today” e le mostro la chiave. Espressione sempre più scocciata. Diciamo pure sull'incazzato andante con brio.

I suggest you to see the room again, it's a very qu...”

Who is him?” ed indica in alto, sopra di me.

Se c'è una cosa che non sopporto, è quando mi interrompono nelle spiegazioni. E' chiaro che non le interessano; ha deciso che non vuole sentire altre ragioni all'infuori della sua, e mi salta di palo in frasca. Come direbbe Winny the Pooh: oh, rabbia.

Sopra al ricevimento abbiamo un piccolo busto del Divin Poeta che, sguardo accigliato e severo, veglia ed osserva. Mira sdegnato l'immane casino.

Provo a spiegarglielo. Tento di dirgli che, ben 700 anni fa, questo mio concittadino scrisse a proposito di un mistico viaggio attraverso l'Inferno, Purgatorio e Paradiso. “have you ever heard about him?”

I'm so tired i don't know even my name. I don't want to stay here any more. Where is the station?”

Un paio di secondi della durata approssimativa di due secoli: basito, bocca aperta come un pesce appena pescato. Poi mi limito ad indicare con il dito la direzione. Lei si appoggia al trolley neanche fosse una schiava intenta a spingere una delle pietre della piramide, e se ne esce con la stessa espressione di un tifoso di colei-che-non-deve-essere-nominata dopo il 4-2.


La sua destinazione mi rimarrà sconosciuta (e, detto tra noi, non me ne può fregare di meno), ma il sottoscritto, Matteo, un busto di pietra con nasone ed una stanza “senza finestra” è tutto quello che ricorderà di Firenze. Oltre alla parte più bella secondo Andy Warhol. Duemila anni di storia buttati nel cesso.


Firenze, 2015, Hotel “ma che ci sei venuta a fa”


ps. un'ora dopo, camera rivenduta (ed albergo al completo) a coppia argentina. L'hanno visionata e gli'è garbata subito un monte perchè “muy tranquila”. E pure con la vasca. E poiché si sono orgogliosamente presentati come di Rosario, me ne sono uscito con un “Batistuta, Batistuta!” con accento argentino (ormai mi risulta più facile che con altri dialetti italiani). Suscitando ulteriori simpatie.


Poi sono stati mezz'ora con i gomiti appoggiati al bancone a digitare su what'up, con una serie di bip-bip a tutto volume e qualche risata sguaiata di tanto in tanto, e vabbè, ma per lo meno dopo sono usciti a cena e per fare un giro, e quando sono tornati, poco prima che staccassi, mi hanno fatto “Que ciudad increible, que tienen. Muuuuy hermosa. Muuuy linda”.


E mi ha salvato la giornata.


pps. Tutto sommato, è stata un'ottima settimana. In effetti, lo è quasi sempre, quando non si hanno i turni di notte. Ci si sveglia per accompagnare le bimbe a scuola, e si torna a casa trovando sul tavolo una lista di 3 chilometri di cose da fare (Stira! Fai la spesa! Pulisci i pavimenti! Non far entrare in casa nessuna donna all'infuori di mia madre o mia suocera!) che diventa immancabilmente una pallina con cui giocare ad imitare Borja Valero in salotto (non fatelo. Ripeto: non fatelo. A meno che, come me, non sappiate nascondere adeguatamente i danni). Il risultato è stata una settimana di scrittura, lettura, cazzeggio vario, concerto di Joe Satriani (tanta roba!) e sono pure primo in classifica, che è sempre cosa buona e giusta. E la settimana prossima, altro concerto e probabile ritorno a giocare a World in Flames.


E' meglio non ci prenda troppo gusto....


ppps. Salutate la capolista :p


pppps. Non succede. Ma se succede....



Nessun commento:

Posta un commento