sabato 1 settembre 2018

Sono una persona semplice. E non sono perfetto.

Ho il mio lavoro, stabile (sembra), sicuro (così pare), modesto, in cui non posso certo affermare di eccellere, ma credo di cavarmela. Di mostrare sempre il lato migliore di me, un bel sorriso, un'espressione serena, un'empatia convincente. In una struttura ricettiva, può essere determinante.

Alle spalle, una famiglia che, malgrado tutto, mi sostiene. Persone che mi vogliono bene e non si peritano a farmelo sapere. Non so cosa ho fatto per meritarmelo, ma se esite veramente la reincarnazione, in una vita precedente devo aver patito le pene dell'inferno. O forse è stato solo un enorme disguido burocratico, e urlavo ordini perentori in una lingua nordica con indosso una divisa militare.

Commetto i miei errori, come tutti. Ne pago le conseguenze. Mi sbatto quando serve. Turni di ogni tipo, a ogni ora del giorno e della notte, senza festività che tengano. Abnegazione e spirito di sacrificio. In altre parole: palla avanti e pedalare.

A volte, paga.

1. La tabaccaia di Amarcord.

Con qualche anno in più di Maria Antonietta Beluzzi quando intepretò quel personaggio nel film di Fellini, ma con le stesse forme giunoniche e prorompenti, questa americanona si presenta in albergo con una prenotazione. Di una doppia.

Col mio miglior sorriso, inizio il check-in. Lei, senza scomporsi, seguita a digitare sul telefono per connettersi al wifi, ma sorride felice e serena di essere lì. Non è poco.

-Deve arrivare una seconda persona?-

-Può darsi, non lo so-

-L'importante è che ci presenti il documento, quando arriva-

-Beh, speriamo. Voi come vi chiamate?-

Io e la ragazza con me al banco, studentessa in stage dell'alberghiero locale, ci presentiamo. E la signora non perde tempo:

-Ah, Marcello! Come il mio personaggio preferito di "Sotto il sole della Toscana", lo conoscete?-

Quando i clienti sentono il mio nome, al 99% accennano sempre a Mastroianni e la celebre frase pronunciata dalla Ekberg nella Fontana di Trevi. Difficilmente si riferiscono al personaggio interpretato dall'attore preferito di mia moglie. Lo fa ora questa donnona dalle munifiche forme. Non stento a credere il motivo.

-Però in quel film, il Marcello non è che sia un personaggio positivo...-

-Non importa, tu sei il "mio" Marcello. Ora lo scrivo su Facebook ai miei amici in California-

Quindi vi saranno alcuni californiani che ora si immaginano un Raul Bova dietro al banco di un ricevimento alberghiero.

Non sono la stessa cosa neanche per scherzo. Ma ho come l'impressione che, se gli assomigliassi anche solo lontanamente, o semplicemente avessi vent'anni di meno, a quest'ora mi avrebbe rapito e portato in una splendida villa a Malibù. Posso dire che l'ho scampata bella.

O no?

ps: nei 3 giorni di permanenza della signora, non si è presentata nessuna seconda persona, a soggiornare con lei in camera.

Non sa cosa si è perso.


2. Il gelato.

Non ho mai avuto gran belle esperienze, coi gruppi. La prenotazione, tra accordi con l'agenzia, anticipi e caparre varie, saldi, elenco dei nominativi, piccoli cambi con modifiche e richieste patricolari, assume la grandezza di un volume di Ken Follett. E quando arrivano, si presentano tutti al bancone ponendo domane su domane in contempranea, come se il portiere fosse dotato di 12 mani e 3 bocche (anche se il 70% delle domande verte sul funzionamento del wifi).

Se poi il gruppo è formato da ragazzi giovani, dediti a meravigliose passioni quali urlare, correre per i corridoi come Vettel sul rettilineo e sbattere fortissimo le porte, ci si chiude la vena e cresce irrefrenabile la volontà di commettere una strage.

Ma questo gruppo, che prendiamo ogni anno, è diverso. Ragazzi americani ben educati, sinceri, sorridenti, che si vede subito non far parte dell'elite bulla e strafottente che può, in casi assurdi e totalmente immeritati, diventare presidente. Questi sono curiosi di ciò che si apprestano a visitare, entusiasti di conoscere il Rinascimento. Il Vasari. Botticelli e Michelangelo. La Fiorentina, intesa come l'alimento (ma qualcuno va pure allo stadio).

Il capogruppo lo conosco da tempo. Viene, sorride, ci porta la lista dei presenti già divisa per occupazione delle camere e numero dei documenti, si occupa di organizzare il viaggio e alloggiare al meglio i ragazzi. Uno davvero bravo e premuroso nel suo lavoro.

Verso le 22 (avevo un turno pomeridiano) scende al ricevimento e mi chiede i miei gusti preferiti di gelato. Intento a ricontrollare i conti della giornata dopo 7 ore di turno e in fremente attesa del notturno detto anche Lurch, sono intedetto da tale domanda. Di solito mi chiedono le mie gelaterie preferite, ma non certo sui gusti.

E invece, pochi minuti dopo, lui mi riappare davanti; e recante una coppetta che posa, magicamente, sul bancone.

Alzo lo sguardo, che fino a un istante prima era posato sulla calcolatrice nella delicata operazione di riconteggio delle csse, e sono totalmente sorpreso. E commosso. E balbetto dei ringraziamenti.

-La tua sorpresa è il miglior ringraziamento- e sale su.

Mi metto nel retro e mi gusto il gelato. Uno dei migliori di sempre.

ps. crema e fiordilatte. Io vado sul classico.


3. Il segnalibro.

Arriva questa famiglia guatemalteca. Moglie, marito e due figli (maschio e femmina). Sorridenti e felici di stare in vacanza. Camera quadrupla che hanno la fortuna essere già pronta perchè gli occupanti erano partiti presto e la cameriera l'aveva rifatta subito. Sono le 12 e li posso mandare su.

Sono sorpresi. Piacevolmente. Mi chiedono come sia possibile, visto che il check-in è alle 14. Controbatto che "se è possibile fare un favore, lo si fa" E volentieri. Ovviamente non è la norma. Chiaramente è questione di fortuna; se i clienti precedenti fossero partiti proprio alle 12, loro avrebbero dovuto lasciare i bagagli in deposito e tornare dopo. Camere con 4 letti non ne abbiamo molte. Ma questa è pronta. Perchè farvi aspettare? Approfittate.

In fondo era un check-in normale, come tanti altri, con la stessa tecnica, lo stesso stile, lo stesso modus operandi: orario colazione, mappa della città con indicazioni su dove si trovano gli Uffizi e l'Accademia... il mio solito lavoro, insomma. Dove la maggior parte dei clienti ascolta distrattamente, o non ascolta proprio. Loro no. Silenziosi, ipnotizzati dalle mie parole, ascoltano tutti e quattro. Genitori della mia età e figli con l'età delle mie, assorbono ogni mia informazione su come muoversi nel centro di Firenze. Che può sembrare anche facile, ma se non la conosci, rischi di perderti. Specialmente se finisci nei chiassi.

Scendono dopo una mezz'ora e mi fanno questo stupendo regalo: un segnalibro in stoffa. Non un cartoncino che si squalcisce. Non un oggettino che poi finisce nella pattumiera della carta causa l'usura, come hanno rischiato quelli creati da Camilla e Gaia alla materna (e che infatti conservo gelosamente intatti).  Questo è un vero segnalibro di stoffa con tanto di omino stilizzato e la scritta "Guatemala". Io, che amo la storia e ho studiato le terribili sofferenze patite dai guatemaltechi quando al potere avevano gente che da noi diventa ministro dell'interno, vedo il Guatemala sotto una nuova luce. Un luogo bellissimo dove la gente sorride sempre e si regala segnalibri in stoffa perchè, a furia di leggere, gli si consumano pure quelli.

Il mondo, quando si impegna, sa essere bellissimo. Anche dietro il banco di una reception.




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