Finlandesi.
Sono, senza ombra di dubbio, tra i migliori clienti che ci siano. Come tutti quelli della penisola scandinava sono cordiali ed educati. Salutano sempre ed adorano l’arte fiorentina. Pagano e non creano problemi. In più i finlandesi hanno nomi buffi come Lekakhula, Kakavonen, Muukka, Pirikkunen, Kakkula (giuro, tutti veri), insomma, una roba che va dai racconti per bambini alla Gianni Rodari ai film scurrili alla Alvaro Vitali: in ogni caso ci si fanno due risate tra colleghi.
Ma ovviamente, anche con loro non mancano casini di vario genere.
Mi capitarono, ormai quasi venti anni fa, un nutrito gruppo di finnici, una trentina di persone, quasi tutti belli anzianotti, anche sopra gli 80 anni. Probabilmente reduci della guerra d’inverno coi sovietici. Insomma, duri ma col sorriso. Rientrano la sera dopo cena, e mi chiedono dei bicchieri in vetro perché hanno comprato del Chianti e non è carino berlo nei bicchieri di plastica. E ci mancherebbe anche. Così gli indico il bar, e mi avvio a prenderli. Mi giro per vedere se mi seguono, e infatti uno di loro mi viene dietro, uno dei più anziani.
Troppo anziano.
Inciampa e va a sbattere la testa conto lo spigolo del cassapanca di legno all’ingresso del bar. E’ una bella cassapanca, avrà un paio di secoli. Legno duro, massiccio, ci teniamo dentro la carta intestata. E’ ovvio che tra una capoccia finlandese e una cassapanca toscana non c'è proprio partita: la Toscana vince.
Essendomi, proprio in quel momento, girato, mi sono visto tutta la scena, ce l’ho ancora in testa al rallentatore: il vecchietto di Helsinki che incrocia le gambe e va giù di testa come come un tuffatore in piscina, e la capocciata sulla cassapanca.
Mi rendo subito conto che s’è fatto male di brutto. Lui si rialza e dice "Ok, ok!" Ma ok un tubo, grondi sangue che sembri appena uscito da un episodio di Band of Brothers! Lo costringo a mettersi a sedere e gli osservo la testa: tra i radi capelli bianchi si nota un bel taglio profondo, con il sangue che scorre copioso. Perchè non ha battuto pieno, ma di striscio sullo spigolo. E in quel momento, lui fa per rialzarsi; lo inchiodo subito alla sedia: ma te sei matto! Hai scansato i proiettili russi, lassù in Lapponia nel ’40, e ti fai dissanguare qui da una cassapanca toscana? Nel mio hotel??? Ma te sei fuori! Ordino alla moglie, che da brava nordica ascolta disciplinatamente senza interrompermi, che il marito non deve alzarsi, assolutamente. Lei capisce e gli appoggia la mano sulla spalla; e lui lì fermo e zitto, chiaro indice di sottomissione alla parte femminile della famiglia (cosa che peraltro avviene spesso anche a casa mia…). A quel punto mi fiondo alla cassetta del pronto soccorso, vedi che il corso a qualcosa è servito? Inzuppo il cotone di disinfettante e torno dal finnico; appoggio il cotone sulla ferita ed ordino alla moglie di tenercelo bene, premendo con forza, cosa che fa subito (il marito ormai è rassegnato e subisce in silenzio. O forse si è reso finalmente conto che trattasi di cosa seria, visto che quel che gli cola lungo la guancia e gli macchia i vestiti non è sudore, ma sangue). Quindi mi previpito al telefono per chiamare il 118.
Ovviamente comunico subito all’operatrice il problema: il taglio sulla testa che perde sangue, ma che il soggetto sta bene e non è in pericolo di vita. La tipa mi dice ok bravo ora non lo tocchi più ed aspetti l’ambulanza. Bene, mi tranquillizzo, anche perchè sto tremando come una foglia. Io, il mio, l’ho fatto. Ora devo solo attendere gli esperti del settore, affinchè compiano il loro dovere.
L’ambulanza arriva in pochi minuti, e i soccorritori si precipitano dentro… smollando l’ambulanza nel mezzo alla strada. Ovviamente bloccando il traffico. Dopo neanche 3 secondi che i paramedici sono al capoccia nordica dentro un tassista che si lamenta del parcheggio selvaggio dell’ambulanza. Al che il paramedico ribatte che lui ha un’urgenza e quando ci sono le urgenze non sta a sottilizzare e gli altri si attaccano perché può esserci un pericolo di vita, e la vita viene prima della fretta di un tassista… non ha tutti i torti, ma io avevo detto all’operatrice che non era urgente. Vabbè, dopo il breve battibecco (ho il mio daffare a calmarli, perché avevano già cominciato ad alzare la voce enteambi, e quando due fiorentini alzano la voce si possono superare i 200 decibel), il paramedico torna sull’ambulanza e la parcheggia… meglio (con una ruota sul marciapiede, di traverso… ma comunque le auto ed i pedoni passano… più o meno…), quindi torna dentro ad assistere la collega paramedica che sta esaminando la ferita. Si portano via il danneggiato, che tornerà in albergo dopo un paio d’ore, con un’evidente fasciatura in testa a coprire i punti che gli avevano applicato. Li mostrò orgoglioso a tutta la combriccola, il giorno dopo alle colazioni e io, che ero presente perchè avevo pomeriggio-mattina, notavo interessato che tutti lo guardavano con una strana ammirazione.
Un italiano sarebbe stato additato come un pirla.
Ah, particolare interessante: la moglie non seguì il marito nell’ambulanza fino all’ospedale. Smollò il marito ai paramedici ed andò a dormirsela in camera. Non so se fosse freddezza tra coniugi o freddezza nordica; all'inzio propendevo per la seconda ipotesi, ma poi mia moglie mi fece notare che molto probabilmente la signora finnica voleva bersi il famoso chianti con gli altri componenti della gita.
Evidentemente sopra i 60 conta più l’alcool dei rapporti tra coniugi.
Spero solo in quel di Helsinki.
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