domenica 14 luglio 2024

Nella piazza antistante l’albergo, di solito il venerdì sera, si ritrova un monte di gente con musica a tutto volume.

Da dove mi trovo, anche affacciandomi sulla soglia, non riesco a capire se c’è qualche locale -anche se mi è sempre parso di no- oppure si portano la musica per conto loro. Quel che so, è che è ad un volume che soggiogherebbe il rumore di un airbus in fase di decollo. Di solito è continuo di unz-unz-unz spesso intervallato da musica disco con parole spagnole e qualche remix della Carrà. In quest’ultimo caso sento urla di ragazzine declamare quanto è bello far l’amore da Trieste in giù.

A ridosso dei 54 anni, la vedo dura andare a sud di Trieste, ormai. Ma il vero problema è il casino assurdo che combinano.

Superfluo aggiungere che, molto spesso, arrivano chiamate interne di clienti che si lamentano. Non riescono a dormire a causa del rumore, se hanno una delle camere affacciate sulla piazza.

Giocoforza è chiamare il numero delle emergenze e spiegagli il problema. Poi loro mi mettono in contatto con la polizia o i carabinieri, devo rispiegare nuovamente il problema e mi assicurano che faranno passare, di lì, una volante. Perché nel vederla, spengono la musica.

La volante arriva, la musica s’interrompe, la volante prosegue, la musica riprende.

Tutto quello che posso dire, al cliente che tempesta di chiamate il centralino, è che tutto ciò è la normalità di questo paese.

Alcuni venerdì fa, l’apoteosi:

All’ennesima rimostranza del cliente che non riesce a dormire, chiamo il 112.

Mi risponde una signorina probabilmente intenta, dalla voce, a limarsi le unghie o compilare le facilitate della settimana enigmistica e a cui tocca, ogni tanto, rispondere a quel centralino. Mi presento con nome e ruolo -portiere di notte dell’hotel ****** in piazza ********** angolo via ******- e gli spiego il problema.

«Il suo cognome?» con un’intonazione che denota fastidio profondo.

«Mugnai»

«Come????»

«MilanoUrbinoGenovaNapoliAnconaImola»

«Un attimo, le passo le forze dell’ordine»

Parte una musichetta d’attesa che definire svernante è poco. Una nenia ininterrotta realizzata con una pianola da bambini, come quella che usavano le mie figlie tre lustri fa -tre lustri!- e che demolirebbe la pace interiore di un buddista prossimo al Nirvana. Dopo 10 minuti 10 -che sembrano pochi, ma con quella musichetta all’orecchio sono un’eternità da VI cerchio, canto X- finalmente mi rispondono:

«******* mi dica»

Sono talmente incacchiato per la musica continua e l’attesa musicale che neanche ricordo se mi hanno risposto quelli con la striscia rossa o gli altri. Spiego, a un’altra voce terribilmente annoiata ma stavolta maschile, il problema, non dopo avergli riferito le mie generalità -e ripetuto i nomi di sei città-

«Un attimo, le passo l’anti-degrado»

Ecco, ora scopro che esiste anche l’anti-degrado. Se fossimo ancora negli anni ‘70 ci farebbero un film con l’ispettore Giraldi: “squadra anti-degrado”. Mentre penso a quest’assurdità, mi ritrovo nuovamente in attesa ma purtroppo stavolta, in luogo della pianola, c’è una voce che ripete “per favore attendere please hold on”. Continuamente, senza soluzione di continuità. 10 minuti di “per favore attendere please hold on” che forse sono pure peggio; nel frattempo, nella piazza, avrebbero potuto demolire il palazzo a furia di onde sonore; infine sento il “tu-tu-tu” di linea caduta. Oppure mi hanno riattaccato.

Non so neanche se essere arrabbiato o sconsolato. In quel momento arriva anche il cliente che ha la camera con affaccio sulla piazza. Posso solo allargare le braccia e sperare che la finiscano presto. Per fortuna è così, la musica d’interrompe. Alle due di notte.

Però basta con questa “movida”. Perché non vanno in qualche casolare in campagna o dentro un locale insonorizzato?

La prossima volta vengo a lavorare con un Mosin-Nagant dotato di mirino telescopico.

Ve la do io, la movida notturna!

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