venerdì 20 marzo 2015

Sono di Firenze, quindi capirete che il sottoscritto non è che sia il massimo, quando si parla di nazionalismo. Immaginatevi noi fiorentini in perfida e malcelata soddisfazione quando Byron Moreno eliminò gli azzurri dal mondiale nippo-coreano. Era tutto un andare dai tifosi di colei-che-non-deve-essere-nominata (ma pure delle altre squadre), mettergli un braccio sulla spalla e dirgli “Brutto essere eliminati così, eh? Visto cosa si prova? Dà fastidio, vero? Benvenuti nel club!”

Solo che noi siamo portieri, ed ogni tanto ci capitano in albergo alcuni elementi di quel popolo (quelli che hanno profumatamente pagato Moreno, intendo), e tutto d'un colpo il nostro amor patrio si risveglia impetuoso, e ci fa sbottare “Ma come min**ia è successo che ci siamo fatti eliminare due volte da questi pirla?”

Poi ultimamente questa squadra vince ovunque e con tutti, quindi in città circola un discreto nazionalismo.

Albergo di mia moglie, arrivano questi due Kim, padre e figlio.

Il cognome è proprio Kim, ve lo posso scrivere perchè tanto, su 50 milioni di coreani, il 30% si chiama Kim.

A prima vista ispirano la stessa simpatia del Kim capo del Nord, quello che fa ammazzare lo zio facendolo sbranare dai cani. Già al check-in hanno un'espressione da Hannibal appena scappato di galera e che necessita urgentemente di un fegato da accompagnare alla sua solita bottiglia di Chianti. Due veri tesorucci. Ma sei in vacanza, perchè non ti rilassi?

Il portiere di notte (arrivarono a mezzanotte) deve ripetere più volte le varie informazioni che vengono fornite di base al momento del check-in, e non solo per le evidenti difficoltà dei due coreani con l'inglese, quanto perchè ripetono le domande più e più volte. Ed ogni portiere odia profondamente dover ripetere anche solo due volte un'informazione. Figuriamoci 3 o 4 come costringono a fare i Kim. Si capisce subito che sarà un soggiorno difficile.

Salgono in camera e ne riscendono subito.

-We want a twin bedroom-

Ma guardi che la camera è a due letti.

-No, it isn't. I want a twin bedroom-

Supponendo che in realtà non gli piaccia ma non lo vogliano ammettere (lo fanno in parecchi), gli mostra un'altra camera, anche questa twin. Ed il tipo se ne esce con la solita frase: -It isn't a twin-

Qual'è il problema? Deficienza congenita acquisita? Follia compulsiva? Hai intenzione di morire ma sei troppo pavido per suicidarti, e speri che ci si pensi noi? Certo, se continui così, ti strangolo sul posto!

Comunque l'arcano si risolve: i letti erano affiancati. Separati, ma uno accanto all'altro. Come si fa in tutti gli alberghi nel pianeta, Corea compresa. Ma loro volevano letti completamente separati, uno in un lato della stanza e l'altro nella parte opposta. Il portiere di notte gli spiega che sono così, punto. Bene, i coreani scelgono una delle due camere, poi il mattino dopo, il più anziano scende al ricevimento.

La Sara li accoglie con il suo solito stupendo sorriso d'ordinanza, quel sorriso che mi ha fatto innamorare di lei e che mi tocca condividere con i clienti dell'albergo.

Una condivisione che molti non si meritano per niente, specialmente questi due.

Il tipo se ne sta lì, davanti al bancone, e non dice niente.

La Sara, già scocciata, abbozza un sorriso a bocca chiusa, poi chiede al tipo cosa desideri. Ma non ottiene nessuna risposta.

Non è possibile giocare alle belle statuine con un minus haben coreano! Ne ho già uno italiano in casa, ora ti ci metti pure te? Io continuo a lavorare, poi fai quel che vuoi.

E così fa.

Ma avete mai provato a lavorare con addosso gli occhi di qualcuno, che vi fissa insistentemente?

Questo coreano se ne sta ad osservare la banconista per un bel po', operazione che fa anche con gli altri portieri, donne od uomini che trova, e chiaramente provoca un discreto nervosismo. E non è finita.

Vanno a fare colazione. Alle 10 ed un quarto. Cioè 15 minuti dopo l'orario di chiusura delle colazioni.

E gli era stato ben spiegato, questo orario.

L'addetto alle colazioni decide di venirgli comunque incontro, ma gli chiede di stare su un tavolino vicino al bar, quindi un angoletto, in quanto deve pulire tutto il resto della sala. I coreani, invece, vogliono andare dove gli pare. Alla fine interviene la Cecile, che gli ordina, letteralmente, dove andare. E la Cecile è una francese tutta d'un pezzo, una tipa che se vi ordinasse di andare a difendere i curdi, partireste seduta stante per Kobane.

Quindi i due coreani si mettono nel tavolino più distante mentre l'addetto alle colazioni può cominciare le pulizie di riordino della sala, salvo, un'ora dopo, chiedergli di levarsi dai 3 passi perchè è arrivata l'ora di pulire anche in quell'angolino. Ed i due erano ancora lì. Non avevano ancora finito la colazione. Ma che ci vieni a fare a Firenze, se non esci neanche a vederla?

Ma il top della Corea arriva alla partenza.

Ovviamente, tanto per aggiungere sfiga su sfiga, al turno di mattina c'è mia moglie. Che si aspetta problemi su problemi.

Scendono al ricevimento alle 11.30, il che già fa sperare bene, perchè la Sara già temeva di doverli chiamare in camera alle 12, orario del check-out, ed insistere di lasciare la camera per un'ora abbondante (capita molto più spesso di quanto uno non immagini). Solo che si mettono a sedere nella hall, e non consegnano la chiave.

E la Sara comincia a schiumare di rabbia. Ma che ca**o aspettate a fare questo check-out? Ma perchè, visto che siete scesi, non mi date 'sta benedetta chiave e non sbrigate le formalità del caso, così posso chiudere la cassa? Volete proprio rompere fino all'ultimo!

Quando si stanno per fare le 13 e mia moglie comincia ad appuntare bene tutte le matite del ricevimento per poi provare sui tipi un'agopuntura molto dolorosa, il coreano più giovane si alza e viene a consegnare questa benedetta chiave.

Ne approfitta per chiedergli se hanno preso qualcosa dal minibar.

Il ragazzo sorride e se ne resta lì come un'ebete.

La Sara reprime l'ira funesta e ripete la domanda. Ovviamente, non arriva nessuna riposta. Perciò chiede al padre se può venire al bancone. Ed intanto manda il facchino a controllarlo in camera, il minibar, per vedere se i koreans non stanno facendo i furbetti per non pagare quel che si sono scolati durante la notte.

A quel punto ricorda al cliente che devono pagare solo la tassa di soggiorno. E mentre inserisce la ricevuta nella stampante, il coreano fa sparire il solito sorrisetto ebete, apre la bocca e lascia uscire una discreta e rumorosa quantità d'aria.

Un ruttone fantozziano da acqua Bertier.

Mia moglie, completamente allibita, si affaccia all'ufficio e fregandosene della presenza di Kim, sfoga la sua rabbia alla collega:

-Non ci posso credere! Questo coreano mi ha ruttato in faccia!-

La Viviana non può fare altro che annuire ed affermare che -Eh, l'ho sentito anche io!-

-Si, ma te non senti gli effluvi!-

Quindi, senza dire una parola ma con una faccia da “ti scateno una guerra che neanche ti immagini”, stampa la ricevuta e riceve il pagamento. In totale apnea. Poi svicola nell'ufficio dalla Viviana a respirare e maledire gli abitanti di Choson, la cui traduzione letterale non è “Il paese del mattino calmo” ma “Il paese del rutto libero e della corruzione di arbitri”.

Poi ci capitano anche le coreane gentili e sorridenti, ma in quel momento la speranza di mia moglie era che il Kim del nord rompesse la tregua del '54 per scatenare i suoi carri contro il sud. Tanto sono uniti solo quando giocano a calcio contro di noi.


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