venerdì 29 maggio 2015

Qualcuno disse, una volta: “siamo figli del nostro tempo”
Le mie figlie, spesso e volentieri, giocano ai surgelati. Anche ieri la più piccola bussava alla porta di camera canticchiando “Sei già sveglia oppure dormi…” e via di seguito. Sono convinto che quelli della Disney lo abbiano fatto apposta contro di me, a fare un cartone su due sorelle. Con quello che gli ho dato in gadget, hanno soldi per i prossimi 2 decenni.
Ma c’è speranza.
La sorella della zia gli ha scaricato tutti gli episodi di Candy Candy, così ora si sono entusiasmate alle vicende della biondina, il suo amico Terence e tutta la banda. La storia di un gruppo di ragazzi americani di inizio novecento con atteggiamenti da veri giapponesi.
Quindi ce la possiamo fare. I giovani d’oggi possono essere istruiti ai miti dei loro padri, anche se nel caso di Candy Candy, più delle madri (io rimango un fanatico di Lamù. Niente ha colpito le nostre fantasie maskio-italiote più di quel bikini tigrato). La chiamerei “memoria tangibile”.
Domenica mattina, e come tutte le domeniche mattine, partenze a gogò. Coppia italiana della mia età.
Mi porgono la carta di credito per il pagamento. La inserisco nel pos, digito l’importo e giro la macchinetta alla signora.
Rimane un attimo spiazzata.
-Eh? Cosa? Come? Ah, già, il pin. Vado?-
Non puoi non usarmi la prima persona singolare del verbo “andare” e non aspettarti LA risposta:
-Vadi contessa, vadi-
10 minuti buoni di risate. 10 minuti dove tutti e 3 (io ed i due clienti) abbiamo rievocato le epiche battute del povero e bistrattato impiegato (un personaggio in cui mi rifletto, aimè, spesso). Battute viste al cinema, quando eravamo diversamente maturi.
La prossima volta che lo danno in tv, devo farlo vedere alle bimbe.
Od, in subordine, me lo faccio scaricare dalla Chiara.


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