"I toscani hanno devastato questo paese" Piccola rubrica di storie toscane.
Parte prima.
Bonifacio l'Africano.
Il professor Barbero ha fatto delle bellissime lezioni su Carlo Magno, fondatore del Sacro Impero Romano, e delle sue guerre, in particolare quelle intraprese per arrivare alla conquista del regno longobardo.
Io, nel mio piccolo, ho pensato di andare un pò avanti.
Carlo Magno muore nell'814. Poco prima del decesso aveva nominato Rex Longobardorum il nipote Bernardo, che come tale doveva obbedienza al nuovo imperatore, Ludovico "il Pio". Ma anche se era molto osservante della religione, come dice il suo soprannome, Ludovico non è proprio un mostro di amabilità: entra in contrasto con Bernardo, così lo depone e lo fa accecare. Poi sul trono di Pavia ci metterà il figlio Lotario, che però gli muoverà guerra. Ah, la famiglia.
A sud, passati gli appennini, c'è la Tuscia, la parte più meridionale dell'Impero. Alla conquista del regno longobardo, i franchi cominciano a mandare i propri uomini di fiducia a governare i comitates. Tra questi ci sono i bavari, una popolazione germanica con cui all'inizio si scontrano di brutto salvo poi riappacificarsi. Forse perchè i bavari appaiono molto capaci, e quindi i franchi decidono di tenerseli buoni. Così tanto che gli elementi più importanti sono mandati a fare duchi o conti per tutto l'impero.
Così, dalla Bavaria, arriva questo nobile, Bonifacio, che in qualità di Malgravio (questo il titolo) si installa a Lucca, a quei tempi città della Tuscia popolosa situata in un punto strategico di passaggio e poco distate dal porto principale, Pisa, e si comporta così bene che passa il titolo al figlio, Bonifacio II.
Tutto l'alto medioevo era caratterizzato da chi dovesse comandare veramente, nei territori dell'impero. Almeno ogni 2-3 anni l'imperatore doveva "discendere" in Italia a farsi la sua brava campagna militare sia contro colui che deteneva il potere a Pavia e sia contro il papa che, anche se privo di esercito, era capace di portare notevoli scocciature. Questi germani ce l'hanno sempre avuta la mania di venire in Italia, che abbiano le armi o meno, e per secoli fanno anda e rianda per i passi alpini. Tuttavia, in quei primi decenni del IX secolo, c'era anche il grave problema dei pirati saraceni. Che ogni tanto assaltavano le coste per saccheggiare e fare schiavi. Così l'imperatore dà l'incarico a Bonifacio II: vai e distruggi!
Bonifacio s'impegna: allestisce la flotta e recluta i toscani. Probabilmente è anche un pò timoroso, in questa impresa, perchè Ludovico il Pio sembra proprio il tipo che punisce severamente i fallimenti. Tuttavia l'imperatore gli fornisce carta bianca, quindi è probabile che Bonifacio si senta un vero condottiero e che il tutto assuma anche i toni di una "crociata ante litteram". Dopotutto vanno a combattere i pirati islamici, quindi la spedizione assume un doppio significato, ed è presumibile pensare che i guerrieri imbarcati fossero veramente motivati (leggi anche: assetati di sangue) per difendere le proprie coste e fare un mazzo tanto ai seguaci di Maometto, che da poco meno di un secolo avevano conquistato mezzo mondo conosciuto.
Quindi salpano da Pisa pronti alla pugna, come direbbero su Feudalesimo & Libertà. Girellano per un pò attorno alla Corsica e la Sardegna senza trovare niente, poi finalmente scoprono che i pirati, che colpiscono anche lì, hanno la loro base in Tunisia. Così si dirigono dritti e decisi laggiù, sbarcano dove stava la vecchia Cartagine e devastano tutto. Tornano alla base, e la Tuscia prima, e tutto l'Impero poi, li acclama come vittoriosi. E visto che hanno combattuto in quei territori, il comandante viene pure soprannominato l'Africano, come lo Scipione romano che vinse Annibale il cartaginese.
E' una campagna militare poco conosciuta, rispetto alle tante battaglie terrestri di quell'epoca, ma che a quei tempi rappresentò molto. Lo stretto di mare che separa Corsica e Sardegna venne intitolato proprio al comandante della spedizione (le "bocche di Bonifacio") e la stessa cittadina corsa che si affaccia sullo stretto si chiama Bonifacio, anche se in questo caso sembra in onore di un omonimo. Talmente esaltante è questa vittoria che i pisani ci prendon gusto e cominciano una tradizione marinara che durerà parecchio, e lo stesso Malgravio viene anche nominato Tutor Corsicae. D'altra parte i toscani guidavano la Corsica già ai tempi dei longobardi.
Questa piccola storia l'ho trovata in un bellissimo volume sulla storia della Tuscia che riporta la fonte orignale, gli Annales regni Francorum, che poi sono gli stessi da cui il professor Barbero ha tratto le informazioni su Carlo Magno.
Tuttavia ci sono anche altre fonti. I pisani, ad esempio, cominciano a rivendicare questa spedizione vittoriosa come tutta loro, essendo Pisa il porto di partenza e, presumibilmente, pisani sono la maggior parte dei marinai, tanto che cominciano pure a riferirsi al comandante come "Bonifazio il pisano". Gli danno piena cittadinanza quindi, anche gelosi del fatto che il Malgravio risiedeva a Lucca. Cominciavano già a farsi i dispettucci tra loro, questi toscanacci.
Mille anni dopo emerge però un documento arabo che parla della vicenda dal punto di vista opposto. E gli arabi descrivono gli eventi come vittoriosi per loro: trovatisi improvvisamente invasi da questo gruppo di scalmanati toscani guidati da conti bavari, i saraceni si sarebbero riuniti attorno al loro comandante il quale, sguainata la scimitarra, avrebbe urlato il classico "Allah akbar!" e guidato il contrattacco ributtando a mare gli infedeli. E allora, chi ha ragione?
Le fonti riportano che comunque, dopo la spedizione, le incursioni saracene non si ripresentarono per qualche anno, quindi è presumibile che Bonifacio e i suoi siano riusciti a distruggere navi e infrastrutture portuali in Tunisia per poi reimbarcarsi e togliere il disturbo prima che i locali potessero riorganizzarsi. Comunque i saraceni si sarebbero rifatti: nell'846 avrebbero pure attaccato Roma e saccheggiato San Pietro. Ma d'altra parte il papato continuava a non avere eserciti ("Quante divisioni ha, il papa?" cit.) confidando nella protezione imperiale. Ma questa era ben poca cosa.
Il problema è che, in quegli anni, mentre saraceni, bizantini, vichinghi e ungari imperversavano sui confini, i franchi si davano allegramente alle guerre civili. Prima Lotario contro il padre Ludovico, poi Lotario in un tutti contro tutti con fratello, fratellastro e cugino, tanto che a Fontenoy (841) se le danno di santa ragione e quando ne hanno abbastanza si dividono l'Impero in varie parti (trattato di Verdun) con quella orientale che diventerà la Germania e quella occidentale la Francia. E tanti saluti all'Impero creato da nonno Carlo.
Bonifacio II però dichiara la sua indefessa fedeltà a Ludovico, e quindi Lotario, quando eredita il trono, lo butta fuori dalla Tuscia. Ma il titolo di Malgravio passa prima al figlio Adalberto, e poi al nipote Adalberto II. Che sarà detto "il ricco".
Di costui vi parlo la prossima volta.
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