"I toscani hanno devastato questo paese" Piccola rubrica di storie toscane.
Parte seconda.
Adalberto il Ricco e la "pornocrazia"
Nella parte prima ho parlato di Bonifacio II, Marchese della Tuscia su nomina imperiale. Dopo i buoni risultati nella lotta ai pirati saraceni, Bonifacio si schiera con l'Imperatore Ludovico il Pio nella lotta di questi col figlio Lotario I e altri parenti-serpenti aspiranti a governare pezzi dell'Impero del fu Carlo Magno. Ludovico si invaghisce di una bella e giovane nobile bavara, Giuditta, e la sposa contro il parere dei figli di primo letto (Ermengarda era morta da pochi mesi, lì si faceva in fretta a trovarsi nuove consorti, specialmente se le novelle spose erano molto giovani). Ovviamente la Giuditta si darà da fare affinchè i suoi figli abbiano la loro fetta d'Impero, e Lotario, che è figlio di Ermengarda, la fa esiliare in un monastero a Tortona. Ma a quel punto Bonifacio II varca gli appennini, la libera e la riconsegna a un felicissimo Ludovico (pare mettesse parecchio impegno, nei suoi doveri coniugali. Pio si, ma fino a un certo punto). Ma Lotario se la lega al dito e fa cacciare Bonifacio dalla Marca di Tuscia, spedendolo a fare l'anonimo messo imperiale a Barcellona (che a quei tempi non era certo la vivace città odierna).
Il figlio Adalberto riesce comunque a rimanere a Lucca e farsi nominare Marchese. Ora, la Toscana di quei tempi era un luogo fortemente rurale, dove la campagna è la vera fonte di ricchezza e le città più grandi, Pisa e Lucca, arrivano appena ai 10.000 abitanti.
A differenza di tante altre zone della penisola, la Tuscia ha un'identità molto ben definita, sia territorialmente che culturalmente. Per dire: la Lombardia, in quei lontani anni, viene usata per indicare tutta la regione padana, da Torino fino a Verona, e le identità proprie di queste regioni nasceranno molti secoli dopo. La Calabria, addirittura, era l'odierna Puglia, mentre la vera Calabria si chiamava Bruzia. Tutto il meridione della penisola è frammentato con ducati longobardi, possedimenti bizantini e piccoli insediamenti saraceni, che poi si prendono la Sicilia.
La Tuscia invece rappresenta un caso a parte. Delimitata a nord da un arco appenninico che ne delimita fisicamente il confine, ha proprio un suo territorio abbastanza ben deliniato, a parte alcune eccezioni. Sostanzialmente, è ancora la vecchia provincia romana Tuscia et Umbria creata da Diocleziano. Si sfalda quando arrivano i longobardi, che creano il ducato di Spoleto, che include parte dell'Umbria meridionale e la Valeria (L'Abruzzo), mentre la Tuscia vera e propria comprende anche tutta la parte dell'attuale Lazio settentrionale fino a Roma. Al tempo dei longobardi, la Tuscia ha due ducati, Lucca e Chiusi. Tutto il resto sono gastaldati decisamente modesti.
Quando Carlo Magno assedia Pavia e si prepara a prendersi il regno di Desiderio, incontra il papa Adriano I, il quale gli ricorda un accordo fatto con il padre Pipino: voi franchi conquistate tutto, poi a me, Papa di Santa Romana Chiesa, date la parte sotto gli appennini, mentre voi ve ne state a nord, dalla Lombardia in su.
Carlo Magno non ci pensa proprio a fare una campagna militare così impegnativa per poi dare tutto il territorio al papa, tantopiù che se i franchi provano tanto tanto ad affacciarsi un pò più a sud, longobardi e bizantini mettono da parte le loro diatribe per allearsi. No, grazie. Ma ovviamente non lo dice in maniera diretta. Fa orecchie da mercante, ma di mollare per intero la Tuscia proprio no. Si limita a "tagliare" un pò, più o meno una linea che va dalla val Tiberina fino a Grosseto. Di sotto se lo può tenere il papa, di sopra è parte dell'Impero. Grosso modo, è lo stesso attuale confine della regione Toscana. Adriano I ci rimane male, ovviamente. I papi, per trovare dei politici che eseguissero indefessi i loro ordini, hanno dovuto aspettare la DC.
Ma torniamo ad Adalberto. Il Marchese conosce la situazione geografica, e ne approfitta per decidere la politica imperiale. Quando dalla "Germania" devono scendere sotto gli appennini, che sia per farsi incoronare imperatore dal papa, oppure deporre lo stesso dal seggio Vaticano e metterci un altro più accomodante, o ancora per combattere a sud (ducati longobardi, possedimenti bizantini, saraceni, non c'è che l'imbarazzo della scelta) lui può schierare il suo esercito sui passi appenninici e bloccare l'accesso. Nasce quindi la figura del conductus, colui che, di buon grado, permette all'Imperatore di attraversare la Tuscia per arrivare a Roma. Non di rado lo stesso Marchese accompagna il futuro Imperatore verso l'incontro con sua Santità.
Tanto per fare un esempio, quando Arnolfo di Carinzia deve andare a Roma per farsi consacrare Imperatore, entra in conflitto proprio con Adalberto II. Che manda i suoi soldati a chiudere i passi appenninici, in una sorta di Termopili toscane. Arnolfo quindi deve rimanersene scornato a Pavia. Poi faranno pace, poi torneranno in contrasto, e bla bla bla, è tutto così, manco fosse una fiction d'infima categoria. Nel mezzo ci sono anche altri personaggi (Beregaro I, Lamberto di Spoleto, papi vari), ma lasciamo perdere. Quel che è importante è che avrebbe definitivamente isolato le ingerenze imperiali e lombarde dalla Toscana, rendendola, per i trenta anni che lui la guidò, una specie di principato indipendente. Passiamo però alla parte piccante, che tanto lo so, che non aspettate altro.
Adalberto II è detto il Ricco. Ha la sua residenza ducale a Lucca, e le cronache arrivate fino a noi la danno particolarmente fastosa. La sua forza è tale che tiene sotto controllo i signori della parte sud-orientale della Tuscia (Aldobrandeschi e Berardenghi) mentre le città non sono ancora abbastanza forti da emanciparsi in comune, come avverrà successivamente. E' una Toscana unita e non ancora litigiosa, benchè già Pisa e Lucca non facciano mistero di fare le bizze sui castelli di confine. Ma per il resto comanda il Marchese-Duca. Che verso la fine del IX secolo aveva sposato Berta, vedova del conte di Arles e discendente diretta di Carlo Magno. Ebbene, la Berta, benchè già madre di 4 figli di primo letto -ne avrebbe avuti altri due da Adalberto- pare che fosse una campionessa di pratiche amorose. Altrettanto lo era la figlia Ermengarda, che sposò il duca d'Ivrea, ed esperta si racconta fosse anche Marozia, figlia di una nobile famiglia romana, che sposò in seconde nozze il nuovo Marchese di Toscana Guido, successore di Adalberto II. Queste 3 donne, per almeno un trentennio, comandarono la politica dell'Italia centrale e, in definitiva, pure dell'Italia tutta e dell'Impero, grazie alle loro attività sessuali. In pratica ordinando ai mariti di muovere gli eserciti dove ritenevano fosse necessario. In cambio della loro capacità nel talamo nuziale. E i maschi eseguivano. Insomma, una Toscana a luci rosse.
Tanto per dire: quando Marozia entra in contrasto politicamente con Pietro marchese di Spoleto e papa Giovanni X, la nobildonna istiga Guido a occupare Roma con l'esercito toscano, catturare i due antagonisti e ammazzarli. Il marchese di Spoleto viene brutalmente sgozzato sotto lo sguardo del papa, il quale finisce in cella, ma poi ci ripensano e ammazzano anche lui. Il nuovo papa? Il figlio di primo letto di Marozia, Giovanni XI, messo lì ad appena 21 anni. Ah, la meritocrazia (si nota il sarcasmo?)
Teniamo comunque conto che queste sono dicerie riportate dai cronisti dell'epoca, le uniche fonti da cui gli storici attingono. E questi cronisti erano tutti maschi. Quindi sono da prendere con il beneficio del dubbio, perchè ci sono buone probabilità che fossero dettate da una certa misoginia. Però in quel mondo era facile che queste donne influenzassero i consorti con le loro opinioni. Senza necessariamente essere delle assatanate sessuali.
Insomma, noi toscani, benchè guidati da malgravi, conti e gastaldi franchi, facevamo il buono e il cattivo tempo in quella penisola colma di litigi tra papi e imperatori, e queste milizie pare fossero davvero tremende e agguerrite. A questo punto devo citare il nome, riportato da vari storici, di questa soldataglia. Un nome che deriva dall'antico nominativo che davano i greci degli etruschi (Tirreni) e dalla giovane età di questi soldati. Ora, io sono fiorentino di nascita e tifo calcistico, e mi scoccia, ma mi vedo costretto a scrivere questo nome a causa della mia passione per la storia: il nome era "tyrrhena juventus".
Uomini capaci di sgozzare un conte davanti agli occhi di un papa. Che bei tipini, eh?
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