lunedì 10 maggio 2021

 Ho questo ricordo della Gaia, da piccola.

Uno splendido pomeriggio solare primaverile, quando abitavamo ancora nell'altra casa, usciamo tutti e quattro. Io spingo il passeggino con sopra la piccola, mentre la grande è in piedi sulla pedana. Quindi spingo doppio, ma il percorso, almeno per il momento, è breve. Dopo ci sarà da fare la salita dello Stibbert, necessaria per arrivare al giardino creato lassù da persone perfide e colme di rancore verso l'umanità, ma prima della fatica che mi attende -perchè andare in palestra quando hai figli?- c'è la pausa in gelateria. Proprio lì, accanto casa.

Dal passeggino, la Gaia ci osserva mentre noi altri 3 gustiamo il gelato. Dalle nostre espressioni sembra capire che è una cosa buona. D'altra parte è ancora alle pappette e le sue conoscenze alimentari sono limitate.

Decidiamo che è il momento di farle provare qualcosa di nuovo. Dato che io ho preso il gelato in bicchierino, ne raccolgo un pò nel cucchiaino e lo avvicino alla sua boccuccia.

Lo guarda sospettosa. Poi decide di fidarsi di quell'essere grande e grosso che sembra avere a che fare con la mamma: spalanca le fauci che si richiudono sul cucchiaino.

Lo zucchero che entra a contatto con le papille gustative.

Il potere del glucosio nella crema che fluisce direttamente nel suo cervellino. 

Due occhi che si illuminano. Letteralmente.

"Bah-bah-bah-bah!" Che nella sua lingua significa "Ancora-ancora-ancora-ancora!!!"

Quegli occhi che si illuminano sono qualcosa che ho ancora davanti a me. Ogni giorno. Come se fosse appena successo.



Autunno 2019. Prima che arrivasse questo malefico virus e ancora lavoravamo.

Arrivano due ragazze cinesi giovani. E parecchio carine, anche se sul momento noto ben altro.

Hanno prenotato una camera doppia, e una di loro sta spingendo un passeggino. Con dentro il suo occupante, un bimbetto di appena un anno.

Passo oltre al fatto che abbiano un bambino e non ci avessero avvertiti, come fanno tanti clienti. "Tanto sono solo bambini" è il ragionamento che fanno in tanti, troppi. Provo a chiedere, a quella che spinge il passeggino, se vuole la culla, ma sembra non capire: o non parla l'inglese o ha paura di pagare un supplemento (che comunque non gli applicherei). Così decido di assegnargli direttamente la camera con il letto matrimoniale, il bambino dormirà tra loro due.

Sono piuttosto seriose, corrucciate. Tanti turisti sono così, sembra stiano scontando una penitenza, a viaggiare e soggiornare in albergo. Difatti non sembrano affatto interessate nè al mio sorriso nè alla spiegazione della città. Prendono la piantina prima ancora che abbia il tempo di aprirla. E vabbè, pazienza, dopo così tanti anni di onesto portierato alberghiero non ci faccio più neanche caso. Gli chiedo i documenti e comincio la registrazione. 

Ma il bimbo osserva curioso le caramelle di cortesia, che teniamo sul bancone a disposizione della clientela. Sono glucosio allo stato purissimo, ma vanno via che è una meraviglia. E le due ragazze cinesi ne approfittano subito.

Ora, io non gli avrei certo dato una caramella, a mia figlia di ancora un anno. La giovane madre invece si. La scarta e la avvicina alla bocca del bimbo. Il quale, sulle prime, osserva dubbioso. Poi apre la bocca e la prende.

Il tempo di contare qualche secondo, un pò più di un gelato, ma anche per lui lo zucchero entra in circolo. E gli occhi si illuminano come quelli della Gaia di tanti anni prima, in questo i bambini sono qualcosa di stupefacente, nella loro similarità. Hanno tutti quell'espressione di sorpresa gioiosa, di scoperta di una cosa bella della vita come la dolcezza: quella data dalla molecola del saccarosio.

Il bimbo si agita sul passeggino e bah-bah-bah-bah, chiede altre caramelle, indicandole.

Io rido, guardo il piccolo cinese che mi fa troppa simpatia, e mi viene spontaneo dirgli, in italiano un pò toscanizzato "Ti garba lo zucchero, eh? E' bono! Yum!" con il dito sulla guancia come facciamo noi della penisola; e allora anche la madre e l'amica ridono. Non capiscono l'italiano, ma la mia teatralità si. Finalmente un pò di serenità, dopo quei visi scuri e tetri.

Alla fine erano persone simpatiche. Entrando e uscendo dall'albergo mi sorridevano sempre, con il bimbo che indicava il cestino delle caramelle e la mamma che gliene prendeva sempre una, sia all'andata che al ritorno. E lui mi guarda con quell'espressione di felicità.

Mi piace pensare che si ricordi ancora di me. Che ogni volta che assapora qualcosa di dolce gli verranno in mente l'ingresso dell'albergo, con il bancone e il portiere che ci sta dietro. Esattamente come la Gaia ricorda ancora il gazebo fuori dalla gelateria.

E far parte della gioia di un bambino è una cosa bellissima.


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