Il palazzo dove lavoro è la classica costruzione rinascimentale fiorentina. Mura spesse, scalinate sontuose in pietra serena, piani ammezzati.
Arriva una coppia americana che, dall’età, deve essere
arrivata nel vecchio continente commentando “Certo che l’aviazione ne ha fatta
di strada, ti ricordi dei fratelli Wright? Che tipi strambi, soprattutto
Orville. E invece avevano ragione loro”. Entro in turno che i colleghi mi
informano: sono arrivati senza averci detto che la signora è in sedia a
rotelle. Può stare in piedi, ma non ne sapevamo nulla, e la loro camera è al
piano di mezzo, il terzo. E non gli si poteva più assegnare altre camere,
almeno per oggi. Ci si può arrivare, senza fare le scale, sono prendendo il
montacarichi perché l’ascensore porta o al secondo o al quarto piano e poi
occorre fare delle scale per forza, il palazzo è così, è già tanto che ci si
potè costruire questi, quando arrivò la tecnologia adatta, assente ai tempi dei
Medici. Il montacarichi è grande abbastanza, ma stretto, la signora deve stare
in piedi. Informiamo anche il facchino di notte, dovrà accompagnarla lui.
I due coniugi ottuagenari sono al bar, con due
calici che, dalle dimensioni, devono contenere l’intera produzione annuale
della Frescobaldi. Ogni tanto si lasciano andare a grasse risate, con lui che
gli dice “I love you so much” che è proprio una bella cosa, se dopo così tanti
anni si sentono ancora innamorati e felici di stare insieme, anche se non
dobbiamo mai sottovalutare il potere supremo di un liquido con 90% di
Sangiovese, 5% di Trebbiano, 5% di Merlot e invecchiamento in barrique. La
signora mi vede, al bancone, e mi fa cenno di avvicinarmi. Mi apostrofa con un “ma
che bel ragazzo” (What an handsome boy) che dall’alto dei miei 53 anni fa anche
piacere, visto che quando sono nato probabilmente era già in pensione. Mi vuole
abbracciare, e mi sembra di tornare a quando avevo ancora le mie nonne Ines e
Anna, con le loro grinze e i loro sorrisi, ma senza l’alcool.
Quando finalmente i due decidono di andare a
dormire, chiamo il facchino che aiuti la signora. Che è gentile ed entusiasta
di tale aiuto da parte di questi giovanotti baldanzosi che la prendono sotto le
spalle e l’adagiano sulla carrozzina, mentre il marito le dice premuroso che l’aspetta
in camera.
Solo che, mentre sono lì al bancone a continuare il
mio lavoro notturno, mi vedo riapparire il collega con la carrozzina e la
signora che non è più tanto gentile e sbraita, nella sua lingua, cose incomprensibili
ma non proprio gentili come quelle usate mentre era sul divano del bar a
sorseggiare il vino. Che lei, nel montacarichi, non ci vuole proprio entrare,
benchè l’abbia già usato nel pomeriggio, quando aveva preso possesso della
camera.
Non mi rimane che chiamare in camera il marito, che
accorre per calmare la mogliera e convincerla che, se vuoi dormire, deve
entrare nel montacarichi, honey. E finalmente la finisce di sbraitare e viene accompagnata
su.
Mission accomplished, ma la prossima volta meno
Chianti, per favore. E magari scrivete prima, della carrozzina, così vi s’assegna
una camera a cui si arriva diretti dall’ascensore senza fare le scale.
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