Interno, notte. Mentre sono lì a rileggermi un po' di cose -a volte scritte da altre persone, a volte sciocchezzuole opera del sottoscritto- sento che qualcuno vuole entrare. Perciò smollo la lettura e vado ad aprire.
Mi si presenta di fronte una bella ragazza, davvero
notevole, con bellissimi capelli mossi e un dolce viso paffutello ma, aimè,
troppo giovane -mai che trovi una coetanea- Dietro di sé, una bici rossa
appoggiata al cavalletto.
«Ciao, scusami se ti disturbo ma…. Secondo te, se la
mettessi lì?»
“Lì” è il palo della luce di fronte all’ingresso
dell’hotel, sull’altro lato della strada.
L’unica risposta che mi viene, a bruciapelo è:
«Eh! Bella domanda!»
Assume un’espressione profondamente sconsolata.
«Ma la possono portare via? Sono solo due ore, poi me
ne vado, te che ne pensi?»
«Guardi, è un terno al lotto. Non si può mai sapere
chi può passare, a quest’ora di notte»
«Ma quindi che ne pensa? Rischio?»
Noto due cose:
La prima: non so proprio cosa dirle. Che ne so di quel
che può accadere la notte? In quasi trent’anni di lavoro d’albergo, ne ho viste
di tutte. La seconda: ha smesso con il tu ed è passata al lei, come preferisco.
Il fatto che non voglia più farmi dare del tu, è significativo della mia età e
del mio sentirmi ormai un uomo maturo e irrimediabilmente datato che tiene a
mettere paletti e distanze.
Rassegnata, si avvia a legare la bici a quel palo
della luce, con la possibilità che la catena venga distrutta e il prezioso
velocipede, trafugato. Accenna a un vago «non c’è la possibilità di lasciarla
lì dentro, vero?» a cui rispondo con un laconico cenno del capo: no, nella
hall, non si può.
Sennonché, mosso a compassione, che molti
definirebbero “coglionaggine”, mi lascio trasportare dai sentimenti.
«Senta.. c’è una porta, più avanti, nella via. Mi
aspetti là»
Due occhi che si illuminano e rendono ancora più bello
un viso dolce, con due fossette deliziose che si formano ai lati delle guance.
Inizia una sequela di grazie mentre io richiudo la porta, mi avvio lungo la
hall, supero il bar e vado nel retro, dove apro la porticina dell’ingresso
dipendenti e fornitori.
La giovincella arriva con il fidato mezzo di trasporto
riprendendo la sequela di grazie da dove si era interrotta. Io metto la bici
all’interno.
«Devo legarla?»
«Non importa, tanto qui ora chiudo e non entra
nessuno. C’è anche la bici del mio collega, qui accanto alle casse di bottiglie
d’acqua. Poi, se mi va, faccio un giretto»
Ride e riprende la sequela di ringraziamenti,
aggiungendo che sarebbe ripassata in un paio d’ore soltanto.
Più o meno dopo quel periodo di tempo, sento bussare
alla porta d’ingresso.
Senza che vada ad aprire, indico la direzione -porta
vetrata- e la ragazza annuisce. Ripercorro quindi la hall e torno nel retro,
riaprendo nuovamente la porticina. La giovinetta arriva e riprende a
ringraziare, mentre io le passo la bici.
«Spero di non averle dato problemi»
«Ma no, è una brava bici, se n’è stata qui tranquilla
e non ha dato fastidio»
Apprezza l’umorismo ma poi rovina tutto uscendosene
fuori con questa domanda:
«Ti posso abbracciare?»
E lì viene fuori il misogino che sono diventato, a
pochi giorni dai 54 (il prossimo D-Day): metto le mani avanti e dico
semplicemente di no.
Lei capisce e si sente palesemente imbarazzata della
richiesta, ma ringrazia sentitamente e se ne va pedalando.
Poi m’è spiaciuto, d’essere stato brusco. Ma almeno il
favore l’ha apprezzato.
Probabilmente avrà pensato “i portieri notturni sono
davvero tipi strani”
Non so dargli torto.
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