Portiere d'albergo. Vorace lettore. Scrittore a tempo perso. Giocatore da tavolo. Nemico di un gatto. Depresso cronico. Attendo l'arrivo dei Vogon o, in subordine, il ritorno di Vladimir Ilic Ulianov.
mercoledì 29 gennaio 2014
lunedì 27 gennaio 2014
Ieri, sabato, turno pomeridiano 15-23, varie ed eventuali:
1 - Ragazzetto
yankee 12enne con pc che non si collega al nostro wi-fi. Il problema
(per me, ovviamente) è che ha una logorrea infinita. Parla, parla,
parla... non la finisce mai, pure pignolo sull'uso del suo pc,
Raniero Cotti Borroni from Usa, poraccia la Fosca che te sposa, fijo
mio.
Lui-No, non deve
digitare lì, deve aprire explorer.
Io-Guardi, devo
prima config...
-Ecco, ora le apro
explorer.
-No, non così, devo
configurar...
-vede, non si
connette (mi mostra la scritta sul ca**o di explorer che internet non
va, ma lo sapevo anche io; che mi lasci configurare il tuo pc e la
smetti di parlare????)
-Aspetti, ora apro le configurazioni di rete e...
-Ma perchè apre lì?
Bisogna blablabla...
-Ti vuoi connettere
si o no?
….
-Si.
-Allora lascia fare
a me. Guarda, qui ci sono le istruzioni. So come fare, è il mio
lavoro. Trust me.
Osserva i fogli che
gli sbandiero sotto il naso, ma finalmente mi lascia l'uso del suo
portatile. Ma purtroppo non smette di parlare.
-Perchè devo
connettermi a feisbuk e parlare con i miei amici, devo dirgli che
sono qui in Italia, e bla bla bla e....-
Poi finalmente,
silenzio.
Attimo di sorpresa.
Stupor mundi.
Albert che trova la
formula.
Jack ed Elwood che
vedono la luce.
Sono riuscito a
configurare il suo pc con il nostro wi-fi.
Adesso ha internet.
-Oh.... ora
funziona....-
-Certo che funziona,
basta configurare le impostazioni di rete. Lo so, è complesso. A noi
piacciono le cose complesse, siamo italiani. Ma ora sei online.
Enjoy-
-Posso avere le
copie delle sue istruzioni?-
-Ok, sono in
italiano, ma la copia te la faccio volentieri.-
Il ragazzo
ringrazia. Logorroico stracciamaroni ma educato.
-Posso sedermi nel
bar per usare il pc?-
-Certamente, si
accomodi pure-
-Ma... c'è
pericolo?-
…..
-Pericolo?- Lì per
lì non capisco. Penso che abbia paura di un hackeraggio nel suo
prezioso pc tramite la nostra connessione aperta a tutti, ma poi da
quello che mi dice mi rendo conto che si, gli americani ci vedono
ancora come una landa selvaggia e colma di pericoli modello “Ic
sunt leonis”.
-Si... non è che
entra uno, mi dà una botta in testa e mi ruba il pc?-
2 – telefonata di
un cliente francese, mi chiede la disponibilità di una camera per
aprile.
-Une chambre avec
duex lits separè et douche.
-Tres bien, Monsieur, n'ya pas de prob...
-Je raccomande, tres
important, duex lits separee et douche.
-bien sûr, une chamb...
-J'ai vraiment
besoins de une chambre avec lits separè et douche...
E così via, per
un'ora, a sottolineare, tante le volte non avessi capito bene, che
voleva due letti separati e doccia. Alla fine gli invio una mail. Ma
se è così anche per tutto il resto, spero non prenoti.
3 – Alle 21.30 la
stampante del banco smette di funzionare.
Errore di rete”.
Un'ora e mezzo a controllare i cavetti, a spegnere e riavviare l'infernale macchina ed il pc, maledizioni come se piovesse verso gates e quelli della epson, neanche dopo lo 0-5 ero così incacchiato e depresso nello stesso momento. La povera Caterina il mattino aveva tutte le partenze e doveva stampare le ricevute dall'ufficio prenotazioni, sarà andata su e giù tra bancone ed ufficio tutta la mattina. Solidarietà.
Poi, poco fa, mi
chiama Maurizio che è in turno di notte (io sono nell'altro albergo
della ditta): la stampante è ripartita.
Morte e dannazione!
venerdì 24 gennaio 2014
Durante la guerra fredda, il problema più grande, per gli americani,
era dove effettuare i test atomici. Non avendo a disposizione un nord
freddo ed inospitale come lo avevano i sovietici, l'esercito yankee
effettuò i suoi esperimenti nel deserto del Nevada, su piccole isole
del Pacifico (dopo averne deportato gli abitanti, con loro somma
gioia) e pure nel pressi di Harrisburg, una cittadina del Mississipi.
Tanta radioattività in allegria.
Per conto mio, tali esperimenti dovevano farli nel subcontinente
indiano. Senza deportarne preventivamente gli abitanti.
Era una delle mie prime notti nell'albergo dove lavoro, e verso l'una
scende un cliente.
Sapete già com'è fatto un indiano:
faccione color bronzo; ma a pensarci bene, non solo nel colore;
baffone nero folto, foltissimo: 5mila peli ogni due micron quadrati;
occhialini tondi da secchione;
espressione inca**atissima, da mostro di Milwaukee davanti alla sua
prossima vittima.
Ed è in pigiama.
-Lei è il direttore?-
Ora, io non sono un tipo che dà l'aspetto della maturità piena. Non
lo sono ora che ho 43 anni, figuriamoci 10 anni fa (si, questa storia
ha 10 anni). Ho ancora un'espressione giovanile, diciamo pure che
Jimmy e Mr. Wolf riderebbero di me dicendo che assomiglio ad un
ca**one. Insomma, non sono uno che, a prima vista, dà l'impressione
di essere un serio e maturo direttore d'albergo. Affatto. Tenete
anche conto che era notte fonda, ed è più probabile che gli
italiani si mettano a pagare le tasse, che non un direttore sia
presente a questi orari.
Quindi: il tipo cerca rogna.
-Mi piacerebbe. Lo fossi, sarei a dormirmela nel mio letto. Potrei
godermi bene la vita ed uno stipendio abbondante. Giocherei a World
in Flames tutte le sere solo per il gusto di invadere l'India con le
forze dell'asse. Ma è ovvio che non lo sono. E' a casa sua. Presumo.
Ma chi sono io per decidere cosa deve fare una persona della sua
vita? Magari è allo strip club, voleva raggiungerlo?-
Non raccoglie. Gli indiani hanno senso dell'umorismo come io sono
esperto di difesa dalle arti oscure.
-Lo chiami-
-Prego?- Mi avesse chiesto di procurargli una spogliarellista, sarei
stato meno stupito. Ma cercate di capirmi, non conoscevo ancora il
livello di spudoratezza dei calcuttesi.
-Chiami immediatamente il direttore-
-Ma non ci penso neanche-
I suoi occhi strabuzzano, mi guarda come se gli avessi detto che sua
madre è l'attrice preferita di Rocco ed un'altra cinquantina di
attori del porno.
Sospiro.
-Perchè non mi dice qual'è il problema? Magari posso fare qualcosa-
-Lei è il responsabile di turno?-
-Sono l'unico della ditta presente a quest'ora, quindi direi che, si,
sono il responsabile. Basta che mi dica di cosa si tratta perchè,
lei capirà, a meno che non stia bruciando l'albergo, non chiamo il
direttore.-
-Bene, voglio indietro i miei soldi, me li dia-
Disse proprio così: Give back. O comunque qualcosa di simile, gli
indiani parlano inglese come io parlo tedesco: poco e male. Bello,
vero? Non è' fantastico quando hai a che fare con questa gente? Non
è che ti dice cosa non va. No. Lui ha ragione, lui è il centro del
mondo, lui ottiene tutto quello che vuole. Il resto del mondo
obbedisca. Raus, schnell, los, ciccio, apri la cassa e tira fuori il
quattrino.
Da parte mia, ennesimo sospiro.
-Senta, non cominciamo una pantomina. Io non le do un bel niente
perchè solo la direzione autorizza rimborsi. E comunque lei ha già
pagato con l'agenzia, qui non ha dato un centesimo. Mi dica qual'è
il problema e proviamo a risolverlo.-
-L'aria condizionata non funziona, rivoglio i miei soldi.-
Vedete, il problema, con gli asiatici, è che hanno l'aria
condizionata a livelli da 0 gradi kelvin. Ricordo nel '98, ero nella
biblioteca della scuola di lingua giapponese che frequentavo, e
pativo un freddo becco. Volevo ripassare la lezione con le
audiocassette in dotazione alla scuola, ma non riuscivo: stavo
letteralmente morendo di freddo, avrei avuto meno difficoltà a
studiare all'aria aperta in Groenlandia. Decido che non è possibile
questo andazzo, e vado al controllo dell'aria condizionata, accanto
all'ingresso. Il display digitale segna 18 gradi, sono allibito. Il
problema è che tutto il resto è in kanji, ed io al di là
dell'hiragana non sono mai andato (né mi interessava approfondire:
io ci devo parlare coi clienti nipponici, non scriverci haiku). Provo
a capirci qualcosa con quel poco che avevo imparato di giapponese
scritto e comincio ad aggeggiare... almeno 23 gradi, via, come si fa
a stare in una stanza in quelle condizioni?
Beh, feci partire il riscaldamento. Quando sentii uscire l'aria
calda, andai letteralmente nel panico, ma ovviamente non capivo come
rimediare, e tutti gli studenti presenti in quel momento alzarono la
testa dalla scrivania con dipinta sul volto l'espressione di un
agente della Gestapo in procinto di torturare un partigiano. Si alzò
da una scrivania un cinese gigantesco; l'unico cinese sopra i 2
quintali ed i 2 metri su un miliardo e mezzo del pianeta era lì, a
studiare il giapponese, senza dubbio voleva entrare nel circuito
nipponico del Sumo. Mi guarda torvo e manovra sul display, sicuro
nella sua conoscenza innata degli ideogrammi: 17 gradi. A quel punto
decisi che non era il caso di stare in quelle condizioni, e me ne
andai a studiare altrove.
Noi italiani, e lo dico per fortuna, non abbiamo né motori così
potenti né sentiamo il bisogno di avere l'aria condizionata a quei
livelli polari. Perciò è normale che un cliente, specialmente un
asiatico, si lamenti dell'aria condizionata se non è perfetta come
quella che hanno a casa loro. Magari nel loro paese c'è chi muore di
fame, ma l'aria condizionata deve funzionare al massimo.
-Deve salire a controllare la camera, l'aria condizionata non
funziona!-
Sospiro. Dato che la camera è al primo piano, appena sopra il
ricevimento, è notte fonda ed il portone chiuso, accetto di salire
in camera a controllare. E' una tripla, sono una famiglia di 3
persone. Andiamo.
Ovviamente, e me ne rendo conto, i problemi negli alberghi capitano.
I fan coil si rompono, in particolare hanno la tendenza bastarda a
rompersi il venerdì sera - sabato mattina. Quindi il mio timore,
prima di entrare in quella camera, era proprio di constatare che la
macchina fosse tristemente defunta e lì dentro si patisse la calura
dei tropici. Mentre salivo le scale stavo pensando che soluzione
adottare: un paio di ventilatori elettrici, un cambio camera, od
addirittura chiamare l'albergo accanto (che è sempre della proprietà
di cui sono dipendente) e spostarli lì.
Ed invece bastano 3 nanosecondi per rendermi conto che non c'è
assolutamente bisogno di sbattermi.
Entriamo dentro, e mi prende letteralmente un coccolone: il buran
siberiano è nella camera occupata dagli indiani; ha trovato casa lì,
si trova a suo agio, e non paga neanche il soggiorno. Un getto di
vento gelido direttamente da Novosibirsk a Gennaio, passando per il
fan coil del contro soffitto. Ma quel che mi lasciò allibito furono
gli indiani in camera.
In pigiama.
Dentro il letto.
Copriletto e coperta.
E l'indiano fa il suo mestiere di falso e bugiardo in maniera
perfetta, deve aver studiato direttamente dal presidente del kerala.
Forse adesso è lui, il presidente del kerala.
-Vede? Vede? L'aria condizionata non funziona! Chiami immediatamente
il direttore e mi ridia i soldi che ho pagato.-
-Ma... perchè dormite con le coperte ed il copriletto? Non c'è
bisogno di dormire così coperti, l'aria condizionata funziona
benissimo, fa freddo qui-
-Qui non fa freddo!- Spara lui tutto risentito -l'aria condizionata
non funziona, rivoglio i miei soldi-
Non credo di essere stato più allibito di come ero in quel momento.
Questo tipi stavano dormendo sotto le coperte mentre l'aria
condizionata emanava la sua brezza gelida. Poi inscenavano una
pantomima per non pagare la camera. Peraltro già pagata, con
agenzia, qui da noi non avevano ancora dato un centesimo. E lui
insisteva con la sua tiritera “The air condition is not working! I
want my money back! Call the manager!”.
Non mi va di continuare a discutere con un indiano, a quell'ora di
notte poi. Perciò metto in opera la strategia classica di quest'ora
di notte: -parli con l'addetto al ricevimento domani mattina-
-E' il direttore?-
-No, il direttore arriva alle 9-
-Ma io parto alle 8!-
-Mi spiace, non posso farci niente. Io finisco il mio turno alle 7,
parli con chi viene dopo-
E lui di nuovo: - E' il direttore?-
Non posso dirvi cosa pensavo in quel momento. Vi dico solo che, se la
terra di mezzo fosse stata il subcontinente indiano, mi sarei
arruolato immediatamente con l'esercito di Sauron per guidare orde di
troll alla conquista di Bombay.
-No, non è il direttore, lui viene alle 9-
-Io parto alle 8! Lo chiami immediatamente!-
-Mi spiace, ma per quel che posso constatare, il problema non
sussiste. In ogni caso parli con il mio collega che viene alle 7-
-E' il direttore?-
Argh!
Andiamo avanti una mezz'ora buona di questa tiritera, fino a che si
convince che non mollavo, e quindi a lasciarmi tornare al
ricevimento.
Alle 6 e mezzo, pochi minuti prima che arrivi il collega del mattino
a darmi il cambio e possa andare a casa a dormire il sonno del
giusto, piomba nuovamente giù il nipotino di Indira Ghandi, almeno
stavolta non è in pigiama. Trafelato, agitatissimo, si infila
nell'ufficio prenotazioni e ringhia “Where is the manager?”
Giuro che io 'sta gente non la capisco. Siete in vacanza in un altro
continente. Invece di pensare a rilassarvi, a godervi il viaggio con
la famiglia, a vedere un po' di mondo, un po' di Italia ed Europa, mi
accampate scuse false (l'aria condizionata funziona) perchè non
volete pagare. Ed il bello è che avete già pagato, e neanche a noi.
Ma pensate davvero che vi si dia dei soldi così, a babbo morto? Che
un dipendente notturno si prenda la briga di una responsabilità del
genere? Che si metta nei casini con il direttore chiamandolo nel
cuore della notte per un indiano? Soprattutto dopo constatato che il
problema non sussisteva (e se anche vi fosse stato pensate che non
avrei cercato altre soluzioni che non darvi soldi o chiamare il
direttore?).
Ovviamente l'ufficio è vuoto. Io sono al bar a sorseggiarmi un
goccio di latte caldo (così ora conoscete le mie abitudini delle 6 e
mezzo del mattino), e mi tocca interrompermi, dato che l'indiano è
lì che girella dentro l'ufficio. Anche se, viste le dimensioni del
loculo, sarebbe più giusto dire che gira su sé stesso, modello
trottola. Forse cerca il direttore nel cestino della carta. Forse è
davvero convinto che io lo abbia chiamato nottetempo e questi sia
venuto per soccorrere LUI, il rappresentante dell'india per
ECCELLENZA, a cui tutto è dovuto, ed ora si nasconda per timore
delle ire della dea Kalì.
Mi avvicino all'ufficio, ormai non mi sorprendo più, penso.
Sono il solito illuso.
L'indiano sta guardando VERAMENTE nel cestino della carta.
-Dov'è il direttore?-
-Lì dentro, no di certo-
Non raccoglie.
-Dov'è il direttore!-
-Prego, può uscire di lì e venire al bancone grazie?-
Non starò a farla tanto lunga. Mi ci volle un bel po' prima di
convincerlo ad uscire da lì e venire al bancone. E mi ci volle un
bel po' a fargli capire che da parte dell'albergo non c'era nessuna
mancanza e quindi la richiesta di rimborso aveva le stesse
probabilità di successo di una notte infuocata con miss Bollywood.
Che il direttore non lo avrei chiamato neanche fosse tornata la
Wermacht a requisire alloggi per i soldati crucchi. Smollai l'indiano
alla povera Caterina, che se lo sorbì per tutto il tempo della
partenza, alle 8. Di dare le consegne non c'era la minima
possibilità, perchè l'indiano voleva relazione, forse convinto che
prendendoci per sfinimento gli avremmo mollato qualche € dalla
cassa. Ricordo che appoggiai la mano sulla spalla della Cate e gli
pregai di chiamarmi per le consegne, quando l'indiano avesse deciso
che lei poteva tornare a vivere.
Beh, un'ora di smarronamento totale.
Se ne andò minacciando ritorsioni orribili.
Che nessun indiano avrebbe più alloggiato presso di noi.
Purtroppo ha fallito
miseramente.
martedì 21 gennaio 2014
Piccole cose:
1. clienti spagnoli. Io li amo, gli spagnoli. Tutti. Ok, è vero, Borja Valero lo amo un pò di più, ma davvero, non comprendo come i catalani vogliano separarsi, sono così meravigliosi tutti assieme. Una splendida grande famiglia, mica come noi toscani che siamo ancora a rinfacciarsi le battaglie del medioevo e quando c'è Prato-Pistoiese o Livorno-Pisa ci son più celerini che al convegno internazionale dei black-block.
Ieri l'altro mi rientrano, a mezzanotte, 5 camere di spagnoli, 10 persone, mezza età. Chiassosi come solo loro sanno fare (anche se sempre al secondo posto rispetto a noi toscani) ma sorridenti e cordiali. Cavolo c'abbino da sorridere con le finanze che si ritrovano pure loro 'un lo so, ma sorridono. Tanto basta. Il portiere è contento.
Lunedì partono. Mi chiedono se possono lasciare i bagagli fino al pomeriggio. "Claro que si" rispondo io, e lì arriva la mazzata:
"Quieremos ir a ver el David".
Mi s'è stretto il cuore. Giuro, sono stato male, peggio di quando muore la piccola Gray. Non sapevo come dirglielo, ma loro si accorgono subito della mia espressione di sorpresa.
"Lo siento muchissimo, ma los museos son serrados el lunes".
Grande disappunto, sguardi delusi, coño come se piovesse. Giuro, avessi potuto avrei chiamato i'Renzi per ordinargli di far aprire i musei solo per loro, ma il mio potere al momento non è ancora così grande (ci sto lavorando). Sono saliti su mesti. Io c'ho pianto tutta la notte, solo ora trovo il coraggio di scriverla. Lo so, sotto questa scorza di stalinista-gulaghiano batte un cuore profondamente sentimentale.
2. clienti egiziane, partenza mattutina ore 4. Musoni lunghi modello Ash quando viene risucchiato dal Necronomicon. Io: sorriso a 78 denti. Ricevuta, carta di credito e pagamento. Alla via così.
Poi mi fa: mi chiami il ragazzo (the bell boy) per i bagagli.
Io: vado subito a prendergli i bagagli.
Mi guarda come se gli avessi detto che preparavo lo shuttle per Marte. E' da solo? Certo che sono solo, alle 4 del mattino chi pensi che ci sia al bancone? Il comitato di ricevimento del PD per silvio? L'ottimismo regna sovrano sulle sponde del Nilo, vedo.
Mi fiondo in camera ed agguanto le due valigie.
Ora, avete presente la favola di Rodari sull'uomo che voleva rubarsi il Colosseo?
Che si porta via un mattone per volta e riempie la casa di mattoni per portarsi via il monumento pezzo per pezzo.
Bene, sono convinto che quelle clienti vogliano portarsi via Firenze allo stesso modo.
Le valigie pesano 49 quintali. L'una.
Probabilmente un paio di lastroni di piazza della Signoria. Tra una cinquantina d'anni dovrò andare a lavorare al Cairo perchè i monumenti saranno stati riassemblati laggiù. Dove stanno gli Uffizi? Sempre dritto, attraversa piazza Taharir e piglia per via Calzaiuoli.
Impossibile portarle assieme, devo prenderne una per volta. Anche per stanotte ho fatto i miei bicipiti.
Gli chiamo il taxi, sempre musi lunghi.
Volete un caffè?
Lei fa anche il caffè?
Signora, io la notte faccio tutto tranne il gigolò perchè mia moglie avrebbe qualche obiezione.
Un caffè ed un cappuccino pronti in 3 nanosecondi. Neanche l'ombra di un sorriso, nada de nada. Ma sarete mica del pD?
Poi arriva il taxi, passo le valigie al tassista ("Maremma 'mpestata, o icchè c'hanno messo qui dentro?") ed una signora mi allunga 10 €.
Ok, mi fanno piacere, ma il sorriso non sono riuscito a strapparglielo.
Vedrai son davvero del PD.
lunedì 20 gennaio 2014
Nei 3 stelle dove io e mia moglie lavoriamo prodotti come pancetta o uova, per la colazione, non ci sono. Ora, ammetto di essere un profondo ignorantone e di non conoscere la normativa in ogni suo singolo articolo e comma (la burocrazia italiana è a livelli di Brazil; anzi, rispetto a noi italiani Gilliam è un ottimista), ma di norma in una caffetteria, tipica dei 3 stelle, non si possono avere fiamme libere o riscaldatori elettrici all'infuori delle macchine del caffè, quindi oltre al buffet freddo, non si va.
Ovviamente ci sono clienti che si lamentano: hanno pagato e si aspettano il servizio super-lusso, con i lacchè che alle 7 del mattino gli servono umilmente una fiorentina, gliela tagliano e li imboccano, mentre all'esterno dell'albergo piccoli fanciulli scalzi mendicano per un penny e Dickens osserva e prende appunti.
La lamentela è inversamente proporzionale al costo della camera: meno pagano più pretendono. E' un mistero che non riesco a spiegarmi, dopo il 3° di fatima e l'area 51. Dico bene Elvis?
Comunque: turno di mattina di mia moglie.
Arriva al banco una ragazza cinese.
Ha in mano un kiwi.
Per fortuna solo un kiwi.
Lo mostra.
“Like”.
La Sara la guarda. Anche a me succede: ci dicono “I like bistecca fiorentina” o “I love Uffizi”, e noi siamo contenti. Siamo fiorentini. Spudoratamente fieri di esserlo. Ma, sinceramente, un kiwi non è che sia proprio un prodotto fiorentino rinomato da secoli. Quindi, se ti piace il kiwi, ok, ci fa piacere e ti fa anche bene alla salute ma, detto papale papale, importaunariccasega.
Però 'un gli si po' dì.
La cinese insiste. Mostra il kiwi, che tiene con due dita alle estremità. “Another. Like”.
La Sara è perplessa: non ci sono più kiwi nel buffet? Chiama il ragazzo delle colazioni, egiziano: ma sono finiti i kiwi? E lui “Ci sono kiwi, noi tanti kiwi, pieno kiwi. Tutti kiwi su buffet, io messo tanti kiwi, affoghiamo dentro kiwi”.
Ma la cinese insiste: “No this. Another. Like”
Ragazzi, io mi spavento all'idea che si dovrebbe studiare quella lingua per parlare con i clienti cinesi perchè l'inglese a loro non gli riesce. Viva il mondo anglosassone, viva il british english, i beatles, il Liverpool, ma viva anche the Usa, Stars & Stripes, i New England Patriots ed i Lakers, il bloody australian slang e l'australian design group, l'Irlanda e Guinness is good for you... ma il cinese no, mai.
La tipa non demorde, cambia tattica: due parole nuove. Quasi sicuramente ha esaurito tutti i termini inglesi, perchè ne usa uno italiano:
“Pepe chicken”
Che roba è, pollo al pepe? Una ricetta di Gordon Ramsey? La tipa insiste: “Pepe chiken” e mostra il kiwi. Pausa, poi, agli occhi sgranati della Sara, riparte al ritmo di una MG42 ad Omaha Beach: “pepe chicken, pepe chiken, pepe chiken!” E giù a puntare il dito sul kiwi.
Beh, alla fine la Sara & colleghi ci arrivano (ma ce n'è voluto): pepe stava per “baby”. Baby chiken, piccolo pollo.
Voleva un uovo.
Aiutateci anche voi: posate gli occhiali sul tavolo (chi li ha) e mettete la mano sulla faccia: tutti voi dovete contribuire con un gigantesco facepalm.
Grazie.
sabato 18 gennaio 2014
Poi alle 11 di sera scende un americano, sui 30 anni, Jack Black da giovane o, se preferite, John Belushi prima di strafarsi di qualsiasi cosa passasse a 10 centimetri dal naso.
Il problema è che il cervello è quello di Frankestein Junior prima dell'operazione: AB + normal. Mi ricorda molto un mio personaggio di D&D parecchi anni fa: guerriero forza e costituzione 18 intelligenza e saggezza 3. Facile da giocare: dovevo solo fare "Ghu, io picchia, io mena forte forte" e lanciare i dadi. Giù mazzate con la mia morning star.
In luogo di una morning star, per fortuna, il tizio ha il telecomando.
Presumibilmente non funziona.
Il facchino si è appena cambiato, e si appresta ad andare a fare il sonno del giusto. In borghese, mi osserva implorante: non mi mandare in camera da questo, io me ne vado, ciao e good luck.
Come dargli torto?
Reduce da 3 notti insonni, il mio inglese è appena sceso a livello elementare 1 : "the cat is on the table" con Camilla e Gaia che "Babbo, babbo, ma in casa nuova possiamo avere un gatto?" Un gattaccio rognoso che riempi il tavolo di peli? Ok per il gatto, ma che sia quello di Schroedinger. Dopo l'esperimento.
-Buonasera, le batterie non funzionano?- Cambiare due batterie ci riesco ancora, il facchino non mi serve.
-No, le batterie funzionano-
-Allora qual'è il problema?-
-Che significa questo tasto?-
??????
-Il tasto con scritto av?-
-S, il tasto con scritto AV, che significa?-
-Questo tasto attiva apparecchi extra attaccati alla tv, come registratori, playstation... -
-Ah, ok.- Poi indica i 4 tasti posti sotto. - Questi a cosa servono?-
-Quelli con scritto CH?-
-Si, quelli-
-Servono per cambiare canale. Preme qui e sale di un canale. Per esempio dal 3 al 4, oppure preme quello sotto e torna al 3-
-Ma non posso semplicemente digitare il canale sui numeri?-
-Si, può fare anche così-
-Ok, grazie.... e quelli accanto?-
-Sono il volume-
-Ah, ok, grazie-
-Solo questo?-
-Si, solo questo, grazie. Buonanotte-
-Buonanotte a lei-
Forza e costituzione 18 intelligenza e saggezza 3. Grazie ancora, Gary.
Il problema è che il cervello è quello di Frankestein Junior prima dell'operazione: AB + normal. Mi ricorda molto un mio personaggio di D&D parecchi anni fa: guerriero forza e costituzione 18 intelligenza e saggezza 3. Facile da giocare: dovevo solo fare "Ghu, io picchia, io mena forte forte" e lanciare i dadi. Giù mazzate con la mia morning star.
In luogo di una morning star, per fortuna, il tizio ha il telecomando.
Presumibilmente non funziona.
Il facchino si è appena cambiato, e si appresta ad andare a fare il sonno del giusto. In borghese, mi osserva implorante: non mi mandare in camera da questo, io me ne vado, ciao e good luck.
Come dargli torto?
Reduce da 3 notti insonni, il mio inglese è appena sceso a livello elementare 1 : "the cat is on the table" con Camilla e Gaia che "Babbo, babbo, ma in casa nuova possiamo avere un gatto?" Un gattaccio rognoso che riempi il tavolo di peli? Ok per il gatto, ma che sia quello di Schroedinger. Dopo l'esperimento.
-Buonasera, le batterie non funzionano?- Cambiare due batterie ci riesco ancora, il facchino non mi serve.
-No, le batterie funzionano-
-Allora qual'è il problema?-
-Che significa questo tasto?-
??????
-Il tasto con scritto av?-
-S, il tasto con scritto AV, che significa?-
-Questo tasto attiva apparecchi extra attaccati alla tv, come registratori, playstation... -
-Ah, ok.- Poi indica i 4 tasti posti sotto. - Questi a cosa servono?-
-Quelli con scritto CH?-
-Si, quelli-
-Servono per cambiare canale. Preme qui e sale di un canale. Per esempio dal 3 al 4, oppure preme quello sotto e torna al 3-
-Ma non posso semplicemente digitare il canale sui numeri?-
-Si, può fare anche così-
-Ok, grazie.... e quelli accanto?-
-Sono il volume-
-Ah, ok, grazie-
-Solo questo?-
-Si, solo questo, grazie. Buonanotte-
-Buonanotte a lei-
Forza e costituzione 18 intelligenza e saggezza 3. Grazie ancora, Gary.
martedì 14 gennaio 2014
Non
avrei mai creduto di dirlo, ma stavolta si, è proprio così.
Scontato,
banale, ma vero.
Questa
la batte tutti.
Premessa:
avendo studiato 4 lingue straniere, odio dover mischiare le une alle
altre. Voglio dire: perchè dobbiamo infarcirci di parole inglesi
quando noi siamo italiani? Ma non è tanto per la lingua in sé, è
che usare un termine inglese mi sa un po' da... burini, ecco. Da
“voglio fare il figo anche se sono distante anni luce da Raul
Bova”, come quelli che appaiano in tv e ci dicono “spending
review”. Dire semplicemente “ormai 'un ci s'ha più quattrini e
si deve risparmià” è tanto difficile?
Ecco,
c'è un termine che viene usato oggi per indicare un servizio degli
alberghi: il wifi.
Il
wifi oggi è, perdonatemi il termine, un “must”. Un obbligo, un
dovere, un servizio essenziale. Ancor di più: deve essere “free”.
Gratuito.
Ora,
il problema, per noi portieri, è che i clienti non riescono a
configurare i loro apparecchi con il wifi, e quindi vengono da noi.
Perchè ci si aspetta che si sia tecnici iper - ultra - super
specializzati, ci si aspetta Betchley Park e la decifrazione di
Enigma, ci si aspetta che si abbia la capacità di Scott, Sulu, Uhura
e Chekov messi assieme nel far funzionare la macchina al 638 % delle
sue capacità.
Coppia
giovane americana, lui alto prestante, lei biondina minuta. Rientrano
nel tardo pomeriggio dopo la loro giusta e meritata visita ai musei.
Sorridono, sono gentili e cordiali. Dicono buongiorno e buonasera,
grazie e prego. Che volere di più? Volerne di più, ovviamente.
Poi
lui scende con un piccolo computerino, uno di quei notebook o
qualcosa di simile. Non riesce a collegarsi con il wifi, chi ha detto
che i giovani sono bravi nella tecnologia? Non tutti sono all'altezza
di Sheldon. Veramente, alcuni sono distanti con l'informatica come il
risiko lo è da World in Flames. Acchiappo le istruzioni per la
configurazione e mi accingo a digitarvi sopra, ma lui non vuole che
lo tocchi. Può farlo solo ed esclusivamente il proprietario. Io sono
un impuro, guai a toccare.
Ok,
sono abituato alle stravaganze dei clienti. Il pc è tuo, lo comandi
tu. Ma devi seguire queste istruzioni, ce la ha date Flavio, il
tecnico che segue i nostri pc ed il wifi. Quindi, come Simon, Flavio
ordina: apri le configurazioni della scheda di rete.
Non
sono un campione di pc e winzozz, non riuscirei a collegarmi al norad
per scatenare la guerra termonucleare globale, o infiltrarmi nel
matrix, o elaborare una macchia fino a fargli apparire l'immagine
nitida di Yuri. Ma non è che ci vogliano lauree informatiche od anni
di pratica computeristica per sapere che, se clicchi da qualche
parte, qualcosa si aprirà.
Ora,
io non so che cavolo abbia cliccato il ragazzone yankee, fatto sta
che appare un'immagine.
Pochi
millisecondi, volto immediatamente la testa dall'altra parte, mentre
lui cerca furiosamente di chiuderla. Ma il cervello è sempre più
veloce dell'occhio.
E
stiamo parlando del mio cervello, che sta a quello del nobel per la
fisica come il mio vecchio vespone Piaggio sta alla redbull di
Vettel.
Non
mi sfugge ciò che ho visto.
Lei.
Con
la stessa espressione sorridente.
Serena.
Felice.
Costume
adamitico.
E
mi fermo qui.
Appaiono
dei clienti, e ne approfitto per dargli la chiave, poi torno ad
occuparmi di colui che, presumo, abbia scattato quella foto: hai
aperto le configurazioni di rete?
Si.
Palesemente
imbarazzato.
Senti,
sarà bene che me ne occupi io, so cosa fare.
Ok,
va bene. Mi smolla l'apparecchio. Potrei chiedergli la carta di
credito, o sua sorella, o entrambe. Me le fornirebbe senza fiatare.
Gli
configuro il pc. Ora il wifi funziona.
Stavolta
non mi ringrazia, non emette un fiato: afferra la macchina e schizza
su per le scale.
Appoggio
gli occhiali sul bancone.
Mi
copro la faccia con entrambe le mani e scuoto la testa.
Qui,
ora, Firenze, bancone, un doppio facepalm è obbligatorio.
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