Durante la guerra fredda, il problema più grande, per gli americani,
era dove effettuare i test atomici. Non avendo a disposizione un nord
freddo ed inospitale come lo avevano i sovietici, l'esercito yankee
effettuò i suoi esperimenti nel deserto del Nevada, su piccole isole
del Pacifico (dopo averne deportato gli abitanti, con loro somma
gioia) e pure nel pressi di Harrisburg, una cittadina del Mississipi.
Tanta radioattività in allegria.
Per conto mio, tali esperimenti dovevano farli nel subcontinente
indiano. Senza deportarne preventivamente gli abitanti.
Era una delle mie prime notti nell'albergo dove lavoro, e verso l'una
scende un cliente.
Sapete già com'è fatto un indiano:
faccione color bronzo; ma a pensarci bene, non solo nel colore;
baffone nero folto, foltissimo: 5mila peli ogni due micron quadrati;
occhialini tondi da secchione;
espressione inca**atissima, da mostro di Milwaukee davanti alla sua
prossima vittima.
Ed è in pigiama.
-Lei è il direttore?-
Ora, io non sono un tipo che dà l'aspetto della maturità piena. Non
lo sono ora che ho 43 anni, figuriamoci 10 anni fa (si, questa storia
ha 10 anni). Ho ancora un'espressione giovanile, diciamo pure che
Jimmy e Mr. Wolf riderebbero di me dicendo che assomiglio ad un
ca**one. Insomma, non sono uno che, a prima vista, dà l'impressione
di essere un serio e maturo direttore d'albergo. Affatto. Tenete
anche conto che era notte fonda, ed è più probabile che gli
italiani si mettano a pagare le tasse, che non un direttore sia
presente a questi orari.
Quindi: il tipo cerca rogna.
-Mi piacerebbe. Lo fossi, sarei a dormirmela nel mio letto. Potrei
godermi bene la vita ed uno stipendio abbondante. Giocherei a World
in Flames tutte le sere solo per il gusto di invadere l'India con le
forze dell'asse. Ma è ovvio che non lo sono. E' a casa sua. Presumo.
Ma chi sono io per decidere cosa deve fare una persona della sua
vita? Magari è allo strip club, voleva raggiungerlo?-
Non raccoglie. Gli indiani hanno senso dell'umorismo come io sono
esperto di difesa dalle arti oscure.
-Lo chiami-
-Prego?- Mi avesse chiesto di procurargli una spogliarellista, sarei
stato meno stupito. Ma cercate di capirmi, non conoscevo ancora il
livello di spudoratezza dei calcuttesi.
-Chiami immediatamente il direttore-
-Ma non ci penso neanche-
I suoi occhi strabuzzano, mi guarda come se gli avessi detto che sua
madre è l'attrice preferita di Rocco ed un'altra cinquantina di
attori del porno.
Sospiro.
-Perchè non mi dice qual'è il problema? Magari posso fare qualcosa-
-Lei è il responsabile di turno?-
-Sono l'unico della ditta presente a quest'ora, quindi direi che, si,
sono il responsabile. Basta che mi dica di cosa si tratta perchè,
lei capirà, a meno che non stia bruciando l'albergo, non chiamo il
direttore.-
-Bene, voglio indietro i miei soldi, me li dia-
Disse proprio così: Give back. O comunque qualcosa di simile, gli
indiani parlano inglese come io parlo tedesco: poco e male. Bello,
vero? Non è' fantastico quando hai a che fare con questa gente? Non
è che ti dice cosa non va. No. Lui ha ragione, lui è il centro del
mondo, lui ottiene tutto quello che vuole. Il resto del mondo
obbedisca. Raus, schnell, los, ciccio, apri la cassa e tira fuori il
quattrino.
Da parte mia, ennesimo sospiro.
-Senta, non cominciamo una pantomina. Io non le do un bel niente
perchè solo la direzione autorizza rimborsi. E comunque lei ha già
pagato con l'agenzia, qui non ha dato un centesimo. Mi dica qual'è
il problema e proviamo a risolverlo.-
-L'aria condizionata non funziona, rivoglio i miei soldi.-
Vedete, il problema, con gli asiatici, è che hanno l'aria
condizionata a livelli da 0 gradi kelvin. Ricordo nel '98, ero nella
biblioteca della scuola di lingua giapponese che frequentavo, e
pativo un freddo becco. Volevo ripassare la lezione con le
audiocassette in dotazione alla scuola, ma non riuscivo: stavo
letteralmente morendo di freddo, avrei avuto meno difficoltà a
studiare all'aria aperta in Groenlandia. Decido che non è possibile
questo andazzo, e vado al controllo dell'aria condizionata, accanto
all'ingresso. Il display digitale segna 18 gradi, sono allibito. Il
problema è che tutto il resto è in kanji, ed io al di là
dell'hiragana non sono mai andato (né mi interessava approfondire:
io ci devo parlare coi clienti nipponici, non scriverci haiku). Provo
a capirci qualcosa con quel poco che avevo imparato di giapponese
scritto e comincio ad aggeggiare... almeno 23 gradi, via, come si fa
a stare in una stanza in quelle condizioni?
Beh, feci partire il riscaldamento. Quando sentii uscire l'aria
calda, andai letteralmente nel panico, ma ovviamente non capivo come
rimediare, e tutti gli studenti presenti in quel momento alzarono la
testa dalla scrivania con dipinta sul volto l'espressione di un
agente della Gestapo in procinto di torturare un partigiano. Si alzò
da una scrivania un cinese gigantesco; l'unico cinese sopra i 2
quintali ed i 2 metri su un miliardo e mezzo del pianeta era lì, a
studiare il giapponese, senza dubbio voleva entrare nel circuito
nipponico del Sumo. Mi guarda torvo e manovra sul display, sicuro
nella sua conoscenza innata degli ideogrammi: 17 gradi. A quel punto
decisi che non era il caso di stare in quelle condizioni, e me ne
andai a studiare altrove.
Noi italiani, e lo dico per fortuna, non abbiamo né motori così
potenti né sentiamo il bisogno di avere l'aria condizionata a quei
livelli polari. Perciò è normale che un cliente, specialmente un
asiatico, si lamenti dell'aria condizionata se non è perfetta come
quella che hanno a casa loro. Magari nel loro paese c'è chi muore di
fame, ma l'aria condizionata deve funzionare al massimo.
-Deve salire a controllare la camera, l'aria condizionata non
funziona!-
Sospiro. Dato che la camera è al primo piano, appena sopra il
ricevimento, è notte fonda ed il portone chiuso, accetto di salire
in camera a controllare. E' una tripla, sono una famiglia di 3
persone. Andiamo.
Ovviamente, e me ne rendo conto, i problemi negli alberghi capitano.
I fan coil si rompono, in particolare hanno la tendenza bastarda a
rompersi il venerdì sera - sabato mattina. Quindi il mio timore,
prima di entrare in quella camera, era proprio di constatare che la
macchina fosse tristemente defunta e lì dentro si patisse la calura
dei tropici. Mentre salivo le scale stavo pensando che soluzione
adottare: un paio di ventilatori elettrici, un cambio camera, od
addirittura chiamare l'albergo accanto (che è sempre della proprietà
di cui sono dipendente) e spostarli lì.
Ed invece bastano 3 nanosecondi per rendermi conto che non c'è
assolutamente bisogno di sbattermi.
Entriamo dentro, e mi prende letteralmente un coccolone: il buran
siberiano è nella camera occupata dagli indiani; ha trovato casa lì,
si trova a suo agio, e non paga neanche il soggiorno. Un getto di
vento gelido direttamente da Novosibirsk a Gennaio, passando per il
fan coil del contro soffitto. Ma quel che mi lasciò allibito furono
gli indiani in camera.
In pigiama.
Dentro il letto.
Copriletto e coperta.
E l'indiano fa il suo mestiere di falso e bugiardo in maniera
perfetta, deve aver studiato direttamente dal presidente del kerala.
Forse adesso è lui, il presidente del kerala.
-Vede? Vede? L'aria condizionata non funziona! Chiami immediatamente
il direttore e mi ridia i soldi che ho pagato.-
-Ma... perchè dormite con le coperte ed il copriletto? Non c'è
bisogno di dormire così coperti, l'aria condizionata funziona
benissimo, fa freddo qui-
-Qui non fa freddo!- Spara lui tutto risentito -l'aria condizionata
non funziona, rivoglio i miei soldi-
Non credo di essere stato più allibito di come ero in quel momento.
Questo tipi stavano dormendo sotto le coperte mentre l'aria
condizionata emanava la sua brezza gelida. Poi inscenavano una
pantomima per non pagare la camera. Peraltro già pagata, con
agenzia, qui da noi non avevano ancora dato un centesimo. E lui
insisteva con la sua tiritera “The air condition is not working! I
want my money back! Call the manager!”.
Non mi va di continuare a discutere con un indiano, a quell'ora di
notte poi. Perciò metto in opera la strategia classica di quest'ora
di notte: -parli con l'addetto al ricevimento domani mattina-
-E' il direttore?-
-No, il direttore arriva alle 9-
-Ma io parto alle 8!-
-Mi spiace, non posso farci niente. Io finisco il mio turno alle 7,
parli con chi viene dopo-
E lui di nuovo: - E' il direttore?-
Non posso dirvi cosa pensavo in quel momento. Vi dico solo che, se la
terra di mezzo fosse stata il subcontinente indiano, mi sarei
arruolato immediatamente con l'esercito di Sauron per guidare orde di
troll alla conquista di Bombay.
-No, non è il direttore, lui viene alle 9-
-Io parto alle 8! Lo chiami immediatamente!-
-Mi spiace, ma per quel che posso constatare, il problema non
sussiste. In ogni caso parli con il mio collega che viene alle 7-
-E' il direttore?-
Argh!
Andiamo avanti una mezz'ora buona di questa tiritera, fino a che si
convince che non mollavo, e quindi a lasciarmi tornare al
ricevimento.
Alle 6 e mezzo, pochi minuti prima che arrivi il collega del mattino
a darmi il cambio e possa andare a casa a dormire il sonno del
giusto, piomba nuovamente giù il nipotino di Indira Ghandi, almeno
stavolta non è in pigiama. Trafelato, agitatissimo, si infila
nell'ufficio prenotazioni e ringhia “Where is the manager?”
Giuro che io 'sta gente non la capisco. Siete in vacanza in un altro
continente. Invece di pensare a rilassarvi, a godervi il viaggio con
la famiglia, a vedere un po' di mondo, un po' di Italia ed Europa, mi
accampate scuse false (l'aria condizionata funziona) perchè non
volete pagare. Ed il bello è che avete già pagato, e neanche a noi.
Ma pensate davvero che vi si dia dei soldi così, a babbo morto? Che
un dipendente notturno si prenda la briga di una responsabilità del
genere? Che si metta nei casini con il direttore chiamandolo nel
cuore della notte per un indiano? Soprattutto dopo constatato che il
problema non sussisteva (e se anche vi fosse stato pensate che non
avrei cercato altre soluzioni che non darvi soldi o chiamare il
direttore?).
Ovviamente l'ufficio è vuoto. Io sono al bar a sorseggiarmi un
goccio di latte caldo (così ora conoscete le mie abitudini delle 6 e
mezzo del mattino), e mi tocca interrompermi, dato che l'indiano è
lì che girella dentro l'ufficio. Anche se, viste le dimensioni del
loculo, sarebbe più giusto dire che gira su sé stesso, modello
trottola. Forse cerca il direttore nel cestino della carta. Forse è
davvero convinto che io lo abbia chiamato nottetempo e questi sia
venuto per soccorrere LUI, il rappresentante dell'india per
ECCELLENZA, a cui tutto è dovuto, ed ora si nasconda per timore
delle ire della dea Kalì.
Mi avvicino all'ufficio, ormai non mi sorprendo più, penso.
Sono il solito illuso.
L'indiano sta guardando VERAMENTE nel cestino della carta.
-Dov'è il direttore?-
-Lì dentro, no di certo-
Non raccoglie.
-Dov'è il direttore!-
-Prego, può uscire di lì e venire al bancone grazie?-
Non starò a farla tanto lunga. Mi ci volle un bel po' prima di
convincerlo ad uscire da lì e venire al bancone. E mi ci volle un
bel po' a fargli capire che da parte dell'albergo non c'era nessuna
mancanza e quindi la richiesta di rimborso aveva le stesse
probabilità di successo di una notte infuocata con miss Bollywood.
Che il direttore non lo avrei chiamato neanche fosse tornata la
Wermacht a requisire alloggi per i soldati crucchi. Smollai l'indiano
alla povera Caterina, che se lo sorbì per tutto il tempo della
partenza, alle 8. Di dare le consegne non c'era la minima
possibilità, perchè l'indiano voleva relazione, forse convinto che
prendendoci per sfinimento gli avremmo mollato qualche € dalla
cassa. Ricordo che appoggiai la mano sulla spalla della Cate e gli
pregai di chiamarmi per le consegne, quando l'indiano avesse deciso
che lei poteva tornare a vivere.
Beh, un'ora di smarronamento totale.
Se ne andò minacciando ritorsioni orribili.
Che nessun indiano avrebbe più alloggiato presso di noi.
Purtroppo ha fallito
miseramente.
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