Nei 3 stelle dove
io e mia moglie lavoriamo prodotti come pancetta o uova, per la
colazione, non ci sono. Ora, ammetto di essere un profondo
ignorantone e di non conoscere la normativa in ogni suo singolo
articolo e comma (la burocrazia italiana è a livelli di Brazil;
anzi, rispetto a noi italiani Gilliam è un ottimista), ma di norma
in una caffetteria, tipica dei 3 stelle, non si possono avere fiamme
libere o riscaldatori elettrici all'infuori delle macchine del caffè,
quindi oltre al buffet freddo, non si va.
Ovviamente ci sono
clienti che si lamentano: hanno pagato e si aspettano il servizio
super-lusso, con i lacchè che alle 7 del mattino gli servono
umilmente una fiorentina, gliela tagliano e li imboccano, mentre
all'esterno dell'albergo piccoli fanciulli scalzi mendicano per un
penny e Dickens osserva e prende appunti.
La lamentela è
inversamente proporzionale al costo della camera: meno pagano più
pretendono. E' un mistero che non riesco a spiegarmi, dopo il 3° di
fatima e l'area 51. Dico bene Elvis?
Comunque: turno di
mattina di mia moglie.
Arriva al banco una
ragazza cinese.
Ha in mano un kiwi.
Per fortuna solo un
kiwi.
Lo mostra.
“Like”.
La Sara la guarda.
Anche a me succede: ci dicono “I like bistecca fiorentina” o “I
love Uffizi”, e noi siamo contenti. Siamo fiorentini.
Spudoratamente fieri di esserlo. Ma, sinceramente, un kiwi non è che
sia proprio un prodotto fiorentino rinomato da secoli. Quindi, se ti
piace il kiwi, ok, ci fa piacere e ti fa anche bene alla salute ma,
detto papale papale, importaunariccasega.
Però 'un gli si po'
dì.
La cinese insiste.
Mostra il kiwi, che tiene con due dita alle estremità. “Another.
Like”.
La Sara è
perplessa: non ci sono più kiwi nel buffet? Chiama il ragazzo delle
colazioni, egiziano: ma sono finiti i kiwi? E lui “Ci sono kiwi,
noi tanti kiwi, pieno kiwi. Tutti kiwi su buffet, io messo tanti
kiwi, affoghiamo dentro kiwi”.
Ma la cinese
insiste: “No this. Another. Like”
Ragazzi, io mi
spavento all'idea che si dovrebbe studiare quella lingua per parlare
con i clienti cinesi perchè l'inglese a loro non gli riesce. Viva il
mondo anglosassone, viva il british english, i beatles, il Liverpool,
ma viva anche the Usa, Stars & Stripes, i New England Patriots ed
i Lakers, il bloody australian slang e l'australian design group,
l'Irlanda e Guinness is good for you... ma il cinese no, mai.
La tipa non demorde,
cambia tattica: due parole nuove. Quasi sicuramente ha esaurito tutti
i termini inglesi, perchè ne usa uno italiano:
“Pepe chicken”
Che roba è, pollo
al pepe? Una ricetta di Gordon Ramsey? La tipa insiste: “Pepe
chiken” e mostra il kiwi. Pausa, poi, agli occhi sgranati della
Sara, riparte al ritmo di una MG42 ad Omaha Beach: “pepe chicken,
pepe chiken, pepe chiken!” E giù a puntare il dito sul kiwi.
Beh, alla fine la
Sara & colleghi ci arrivano (ma ce n'è voluto): pepe stava per
“baby”. Baby chiken, piccolo pollo.
Voleva un uovo.
Aiutateci anche voi:
posate gli occhiali sul tavolo (chi li ha) e mettete la mano sulla
faccia: tutti voi dovete contribuire con un gigantesco facepalm.
Grazie.
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