giovedì 3 aprile 2014

Ve lo ricordate il detto di Confucio? Quello che esortava a sedersi sulla riva del fiume ed attendere di veder passare il cadavere del proprio nemico?
Io l'ho fatto.
Ma in luogo dei cadaveri dei miei numerosi nemici, ho visto passare il cadavere di Confucio. Suicidatosi per non vedere più lo strazio di come si sono ridotti i suoi concittadini del XXI secolo.


Mi sto avviando al turno di notte. Serata fresca, terreno in buone condizioni, zero spettatori sugli spalti (a parte i soliti strafatti seduti sui gradini di una panineria americana). Sulle spalle il mio solito zainetto marca Joma, in cuffia il mai troppo compianto Jeff Healey che mi canta “My life story”. Non solo la tua, Jeff. Non solo la tua.
 
Passi lunghi e ben distesi, sono quasi arrivato.
 
Stop. Improvviso. Modello “coda sulla Salerno-Reggio Calabria”.
Davanti, a passo di lumaca, 3 tipe made in RPC. Marciapiede occupato in pianta stabile, se continuano così ne diventano proprietarie per usucapione.
 
Ok, sono in anticipo, come (quasi) sempre prima di cominciare il turno, ma provo a vedere se riesco a passare.
 
Niente, non si spostano di un millimetro a destra o sinistra. Mi sento davvero l'uomo invisibile, non mi cagano di striscio. In qualsiasi lingua tenti di chiedergli “permesso”, non mi considerano. Continuano a cianare tranquille come se alle loro spalle non ci fosse qualcuno che cammina più veloce di loro e chiedesse di essere fatto passare. “The world is mine”. E tutto il resto è zero assoluto. Io sono compreso in tutto il resto.
Ok, potrei buttarmi sulla strada e sorpassarle da lì, ma non mi fa molta voglia. Le auto viaggiano a velocità sostenuta benchè si sia nel centro di Firenze. Viaggiano tutti a velocità sostenuta, maledetti pazzi, quando sarò dittatore assoluto farò fermare tutte queste auto nel piazzale della Stazione e fucilarne gli occupanti al muro della panineria.
 
Perciò mi rassegno a rallentare la mia andatura al passo di queste 3 cinesi, sperando che non entrino proprio nell'albergo dove ho il turno.
 
Indovinate un po'?
 
Sono proprio alloggiate da noi.
 
Entriamo tutti e quattro, e, com'è ovvio, appena entrate le 3 si fermano nel mezzo della hall per continuare le chiacchiere. Buonasera, sono un essere umano, posso passare? Vi attraverso come se fossimo entità incorporee? Devo saltarvi sopra la testa? Scavare un tunnel sotto le vostre regali signorie? Spararvi un proiettile nel cranio e poi passare sui cadaveri?
 
Alla fine riesco ad arrivare alla reception. David è occupato con un altro cliente, mi fa un sorriso e strizza l'occhio, ed è, lasciatemelo dire, il secondo momento più bello del turno di notte (il primo è il sorriso della Francesca la mattina alle 7, a fine turno). Io non faccio a tempo ad andare dietro al banco che, neanche il tempo di togliermi lo zainetto Joma ed il giubbotto, le signore cinesi mi si presentano davanti.
 
Toh, c'è un portiere, non l'avevamo visto.
 
Indovinate cosa chiedono?

WiFi?”
 
Apro il cassetto e ne estraggo il codice, ma pensate davvero che le cinesi si impegnino a digitarselo da sole?
Davanti ai miei occhi, sul bancone, appaiono 3 cellulari di ultima generazione. A me, di ultima generazione, piace solo Star Trek, il mio cellulare ha 15 anni e non può navigare in rete, ma funziona e soprattutto ha una batteria che dura una settimana. Ma a furia di configurare internet sugli smartphone dei clienti, ho imparato ad usarli.
 
Il problema è che questi 3 sono smartphone cinesi. Con gli ideogrammi.
 
Chiedo gentilmente alle clienti se mi possono mettere i caratteri latini. Ci sarà bene un sistema in qualche modo.
 
Glielo chiedo in inglese ed italiano.
 
Risposta: “WiFi”. E ditino indice che picchietta sullo schermo.

My life story” cantava Jeff. Confucio, invece, vomita disgustato.
 
Ok, bene o male i vari simbolini li conosco. Mi interessa quello con la ruota dentata, cioè le impostazioni. Lo trovo accanto ad un angry bird, sullo sfondo Hello Kitty che sorride con gli occhi chiusi. Disegni giapponesi, marca coreana, made in RPC, l'Asia riunita in una macchinetta.
 
Quindi apro le impostazioni e tra una selva di ideogrammi trovo il wifi. Trovo la rete dell'albergo e mi districo in una seria di finestre che si aprono e mi chiedono cose che non capisco, ma che le clienti cinesi danno per scontato che io sappia. Keep calm and ask il portiere.
 
Alla fine, prova e riprova, entro nella rete e, nelle varie app, trovo anche il browser, uno diverso per ogni cellulare (safari, explorer e chrome). E' l'unica cosa diversa che hanno, per il resto ci sono le stesse app e lo stesso sfondo. Inserisco la prima password et voilà, arrivano fischietti di messaggini uozzappanti (e la parola zappa indica cosa dovrebbero avere in mano queste donne cinesi, invece di smarphone); la luce si accende negli occhi della proprietaria della macchinetta, che dimentica totalmente chi gli ha appena aperto il mondo virtuale. Le altre due mi attaccano in pressing alto affinchè mi sbrighi a sistemargli gli aggeggi mentre David, che ha finito col cliente che aveva davanti, mi canzona un po' nel suo dialetto romano: “Ao, Marcè, te se' beccato 'e cinesi” e mi tocca trattenermi dal ridere in faccia alle clienti (ma probabilmente non se ne accorgerebbero).
 
Alla fine le tipe se ne vanno con gli occhi fissi sugli schermi, così che David possa darmi le consegne ed 
andare a riposarsi.
 
Però, ripeto:
seduto sulla riva del fiume, vedo passare, galleggiante con la faccia rivolta verso il basso, il cadavere di Confucio. Mi spiace, onorevole filosofo, sei stato sfigato.
Dovei nascere in un paese scandinavo.

Nessun commento:

Posta un commento