venerdì 20 giugno 2014

Uno dice: ma in albergo vedi tanta gente, conosci tante persone interessanti...

 

Ma dove? Ma quando?

 

Qui si incontrano un sacco di pazzi, gente che, piuttosto che farla alloggiare nei 3 stelle fiorentini, andrebbe portata all'Overlook Hotel. E chiusa dentro. Ovviamente assieme a Jack Torrance.

 

Tutto accaduto di notte. In queste notti.

 

1. Ragazze danesi. Bionde come solo le loro sanno essere, quando vogliono. Sorridono liete che mi aspetto che una di loro mi dia la mano e si presenti come: “Guten Abend, herr professor, io zono Hinga, zarò zua assiztente di ezperimento, ja!”. Chiedono, con un inglese che parlano ovunque nel mondo tranne Cina, India e Texas, se c'è un orario di chiusura. Così gli spiego che se rientrano dopo l'una di notte, devono suonare il campanello. Escono, guardano dov'è il campanello e mi mostrano il pollice alto. Alle 3 rientrano ed ovviamente suonano. Sorridono, ringraziano della chiave e salgono le scale. Precisione e cortesia nordiche.

 

Italiani. Maschi. Dialetto del nord, non chiedetemi quale che per me sono tutti uguali, un misto tra ostrogoto e cardassiano. E la stessa delicatezza dei cardassiani quando si trovano su un pianeta di classe M appena conquistato: noi spazzare via tutto, noi distruzione totale.

 

Non suonano il campanello. La porta è chiusa. E questi furboni tentano di aprirla comunque.

 

Ovviamente sento i rumori e mi avvio ad aprire. Sono 3 tutti belli cotti da abbondanti ingurgitate di liquidi alcolici a festeggiare la vittoria di una certa squadra di calcio contro una banda di gente brava si ad inventare quel gioco, ma incapace poi di vincerci.

Traccheggiano per un po' davanti al bancone, con i gomiti appoggiati sopra modello 

sbracatura fantozziana. Parlano mezz'ora per decidere che fare del resto della nottata e probabilmente degli anni che gli restano da vivere (pochi, se continuano a bere in quel modo),, finchè non si decidono ad uscire nuovamente per continuare a sbevazzare. Ed a quel punto gli spiego se, per cortesia, mi possono suonare il campanello.

 

-Massì, certo, lo suoniamo, neh- o qualcosa di simile.

 

Mi sono ormai convinto che l'invisibilità sia una mia caratteristica peculiare, e la mia voce si perda nell'etere, svuotata di qualsiasi significato che se la percepissero quelli del SETI direbbero -No, dai, questa lasciala perdere, cerchiamo “telefono casa” piuttosto-

 

Dopo un'ora, altro tentativo di aprire la porta.

 

Sono sempre loro, sempre gli stessi.

 

E non è che, avendo trovato chiuso, si ricordano di quel che gli aveva detto il portiere. Per loro il portiere di quella sera era solo Sirigu. Al limite Buffon ma senza la ganza di turno. Macchè, il campanello è già bello che scordato.

 

Tentano di aprire la porta e, com'è ovvio, non riescono, essendo chiusa a chiave.

 

Accorro, mi vedono dalla vetrata e cosa fanno questi geni del male? Insistono nel tentare di aprire. Non è che se vedi il portiere che si sta avvicinando la porta, come per magia, si slucchetta automaticamente, pirla! Devo arrivare sul posto per girare la chiave, no? Sveglia, non è l'accesso alla parte di castello dove stanno i Grifondoro. Poi voi al massimo potreste stare con i coglion d'oro.

 

Apro, ed il primo di loro, che dall'ammasso di muscoli potrebbe essere il mediano di spinta del Fracasso San Donà, mi fa:

 

-Mi scusi, sa, sono un po' primitivo-

 

-Hanno inventato l'evoluzione, per risolvere il problema-

 

Ma non l'ha presa, era troppo cotto dall'alcool. E forse è un bene, perchè poteva accartocciarmi come un foglio A4 e gettarmi nel cestino.

 

2 Io ed i miei colleghi abbiamo pochi minuti di “social time” durante il cambio turno, che di solito spendiamo solo per darci le consegne: Il signor x vuole prenotare gli Uffizi, la signora y vuole una camera con vista, ci sono da inserire un migliaio di prenotazioni... roba così. E' raro parlare del più o del meno, chi stacca è cotto dalla stanchezza e non vede giustamente l'ora di andare a riposarsi. Ma ogni tanto capita di farsi due belle risate.

 

Arrivo in turno e leggo le consegne al pc. E ce n'è una che mi lascia letteralmente a bocca aperta:

 

“La signora della camera xxx non vuole vedere uomini nudi, quindi per favore non spogliatevi”

 

Chiedo le ovvie spiegazioni del caso, e David mi fa:

 

-'A tipa arriva a fa er check-in e me fa: “Io nun vojo vedè omini nudi, quindi me dica dove nun ce stanno”-

 

Strabuzzo gli occhi fuori dalle orbite modello fumetto -Nudi?-

 

-Si, ha detto proprio così: naked man, secondo lei a Firenze girano l'omini nudi-

 

-E te icchè tu gli'hai detto?-

 

-Di nun annà all'Accademia, lì c'è er David de Michelangelo, più nudo de lui!-

 

E lì sono schiantato dal ridere. Ma lui, non pago, insiste:

 

-Quindi Marcellì, me raccomando, stanotte nun te spoja!-

 

-Maremma, ma ci tenevo tanto!-

 

-Eddai, e fa no sforzo, pe' stanotte-

 

-Ovvia giù, me ne farò una ragione!-

 

-Bravo, dà retta a Davidino tuo-

 

Avevo le lacrime agl'occhi.

 

David, come avete capito, è de Roma.

Ma tifa la squadra giusta.

 

3 altra notte, altra pazza.

 

22.50, non faccio a tempo a girare dietro al bancone e leggere le consegne che arriva al banco questa russa di mezza età a chiedermi “a blanket”.

 

Una coperta.

 

Siamo a Giugno.

 

Ok, è piovuto, non fa così caldo, ma proprio una coperta? Vabbè, non ho voglia di farmi troppo domande.

 

Mi volto verso il facchino, per l'appunto al bancone, che mi guarda con l'espressione stanca e stravolta dopo ore di massacrante turno di lavoro sotto Pitti, roba che una giornata di lavoro in una miniera del Congo Belga è tutto riposo, a confronto. Ma non si può evitare.

 

La cliente ci dice il numero di camera e lui gli dice che gli porta subito il “blanket”.

 

Ed invece dopo pochi minuti me lo vedo apparire al bancone con questa coperta in mano. Afferma che quella che la cliente gli ha riferito non è la camera giusta. Eppure abbiamo sentito entrambi: “room xxx”. Ma i clienti dentro questa camera sono altre persone e non vogliono nessuna coperta. Mistero? No, la cliente che ha chiesto il “blanket” parlava un pessimo inglese, quindi si è sbagliata. Ci ha detto un altro numero invece che quello della sua camera. Prendo la coperta dalle mani del facchino e la metto nel retro: quando la signora riscenderà a chiederla, gliela consegnerò.

 

Dopo un'ora circa, come prevedevo, la russa scende, con l'espressione da “italiani incompetenti e fannulloni, avevo chiesto un servizio e non è stato fatto”. E' pure in accappatoio, con capelli ancora fradici.

 

E' perfettamente inutile che stia a dirgli che ci ha detto il numero di camera sbagliato, persone del genere ribattono sempre che “It's not true, i said the correct number”; non ammetteranno mai l'errore, come Bush che fa finta di leggere il libro a rovescio.

 

Perciò afferro la coperta nel retro e gliela consegno.

 

La russa strabuzza gli occhi davanti alla coperta, poi alza lo sguardo verso il portiere e gli riferisce questa incredibile, pazzesca, assurda BOIATA:

 

“This is not a blanket”

 

Ok, don't panic.

 

Un cazzo! Panic assoluto. Sono davanti ad una russa in accappatoio e capelli fradici, con una coperta in mano, che la tipa afferma NON essere una coperta. Ed è quasi mezzanotte. A meno di non essere su una candid camera del cazzo, sono su “the scary door”. Oppure, semplicemente, davanti ad una bischera, che tra tutte le notti in qualsiasi albergo di questo pianeta, ha beccato ME! Mai che funzioni anche coi numeri del superenaoltto.

 

Non credo di essere stato più stupito di come ero in quel momento. Guardo la cliente e con una certezza poche volte presente nella mia vita, ribatto il concetto: “Madame, this IS a blaket. You asked for a blanket and you had a blanket. If you wish something else, be clear. If you don't speak english or italian, try in french, spanish or japanese. I don't have may magic wand here, so i may not understand what you need or wish”

 

La tipa mi guarda con lo stesso sguardo di chi non ha capito un cazzo, e si rende conto che forse, invece di costose scarpe italiane ed un paio d'ore di lampade, era meglio un corso d'inglese in quel di Mosca, prima di partire per l'Italia.

 

No, macchè, è seccata perchè non capisco le sue richieste mentali, perchè non mi sono reso conto che lei diceva blanket ma intendeva tutt'altro. Sempre più nervosa mi dice che le serve due “towels”.

 

Asciugamani.

 

Ok, wait here. Senza please perchè non se lo merita, e corro allo stanzino a prendere due teli spugna. Arrivo di corsa e la tipa sempre più nervosa.

 

“No, not this”

 

Perchè, perchè non posso afferrarle il collo e strozzarla lì, nella hall davanti al bancone?

 

Lei comincia, con un inglese che non parla più neanche mia figlia in quarta elementare, a descrivermi il letto, ed a quel punto capisco: vuole due lenzuola. “Sheets, madame, sheets”.

 

Ok, ok, muove le mani davanti a sé come dire “Si, vabbè, quello che è, capisc'ammè” E non posso fare a meno di pensare che “sheet” si pronuncia come “shit”.

 

Ricorsa verso lo stanzino, afferrare due lenzuola e via di nuovo di corsa alla reception.

 

E lì la cliente appare soddisfatta. E cosa fa? Afferra tutto quel che gli ho portato fin'ora: blanket, towels e sheets. E sale in camera, qualunque essa sia, in quest'albergo o su un'altra dimensione.

 

E voi pensate che i portieri d'albergo incontrino gente interessante? Holy shit!


Nessun commento:

Posta un commento