venerdì 23 gennaio 2015

Leopardata.
Che non è un cappotto. E’ un vero leopardo, vivo, che lei porta appeso al collo e può risvegliare e sguinzagliare contro chi non è di suo gradimento.
Tacco talmente a spillo che, se usato come arma da punta, realizza 27 dadi da 8 di danno.
Un intero stick rossetto sulle labbra.
Sarebbe bella di suo. Ma gli piace cambiarsi un po'. In peggio. E’ un tipo modesto.
Ha in mano un’intera risma di fogli A4. Che sbatte sul bancone.
Nessun sismologo mi crederà mai.
Reservation” con l’indice che indica il pacco di fogli.
Esce. Io, leggermente impaurito, mi azzardo a spostare la testa sui fogli, con lentezza. Aguzzo la vista.
Cirillico.
Perché non sono sorpreso?
Entra anche lui, giacca-incravattato che potrebbe stare al bancone al mio posto, tanto è simile alla mia divisa di portiere. Ma con l’espressione serissima di un spetnaz in missione di guerra.
Si fermano davanti a me.
Indicano la risma A4.
Reservation”
Mi aspetto che facciano flic-floc. Invece se ne stanno lì zitti, e molto seri.
Mi azzardo ad assumere un’aria innocente, un po’ frivola, da “ok, lo scherzo è riuscito, dov’è la candid camera?”:
I don’t understand russian”
Si guardano con aria scocciata, e lei comincia a sfogliare la risma di foglia. Lui alza gli occhi, poi appoggia una mano al banco e gli parla in russo. Lei smette di sfogliare, alza le mani e dice qualcosa che traduco come un “Ora cerco il foglio in inglese, stai calmo e non ti agitare!” Ma effettivamente cominciano ad essere discretamente schizzatelli. Alla fine lei trova un foglio con scritte in inglese, che si trovava proprio in mezzo alla risma, e me lo passa, sempre dicendo la sua parolina magica: “reservation”.
Leggo attentamente.
Hotel xxxxxx
In linea d’aria, sono un 3-4 chilometri. C’è la stazione di mezzo, ed un bel po’ di strada.
C’è pure la foto.
Allungo la testa verso i fogli in cirillico, e pure lì c’è la foto dell’albergo in cui hanno prenotato.
Dire che è diverso dal nostro è poco. C’è di mezzo un intero mondo. E’ come affermare, alla vista dello skyline di Firenze, che ci si trovi davanti ad una foresta di mangrovie del Kenya. Come abbiano fatto, questi due russi, ad immaginare anche solo lontanamente che l’aspetto esteriore dell’albergo dove lavoro sia lo stesso di quello che avevano prenotato, rimane per me un mistero assoluto. E pure i nomi sono profondamente differenti.
Avrei la tentazione di farmi pagare e poi dargli una camera, ma effettivamente non sarebbe una cosa giusta. Se si rendono conto dell’errore che hanno combinato, poi se la rifanno con me, anche se meriterebbero un doppio pagamento. Apro internet e cerco la pagina web dell’albergo in questione.
Prendo una piantina e la stendo sul bancone.
Lei: “Passport” ed apre la borsa, ma la stoppo subito: “No”
No?”
Mie, letterali parole in italiano:
Ascoltate bene, che sennò vi scateno un fall blau che pure Rundsted si sognava. Voi, siete qui”
E cerchio sulla piantina la posizione del nostro albergo.
Ma l’albergo che avete prenotato è qui”
E indico la posizione dello stesso sulla piantina.
Si guardano confusi. Poi lei indica di nuovo la risma: “Reservation”
Sicuro, reservation. Lì. There” ed indico la pagina web dell’albergo “Non qui. Not here” puntando prima gli indici verso il basso, poi scuotendoli a destra-sinistra.
Cominciano a realizzare. Parlottano tra loro e gesticolano, forse si rendono conto che hanno decisamente toppato. Ma prima che comincino una piazzata moglie-marito urlata davanti al bancone, intervengo:
Look at me, stop litigare” (ve l’ho detto, letterali parole) Mimo il gesto di ruotare un volante “Car?”
Yes”
Oooook, now you are here, sooooo…. Go straight and…” e gli dò tutte le indicazioni con tragitto sulla piantina. Ed alla fine: “Ok?” ma stavolta gli piazzo un sorriso e pollice alto. Ripeto: “Ok?”
Ridacchiano, appare un sorriso, miracolo! “Sorry, sorry”
Gli passo la piantina, a cui seguono degli spasiba e strette di mano. Ma che vi ci vuole così tanto a rilassarvi? La volete far sparire la faccia musona? Ma siete in vacanza, godetevela! Mi scappa un “You can do it!”, e questo russone elegante ridendo annuisce e ripete “Yes, we can do it” e mentre escono trascinando i due vagoni ferroviari che gli fanno da bagagliaio, mi salutano con un “ciao!”, ed un sorriso sulla faccia di lei che se non fosse così pesantemente truccata avrebbe un viso stupendo, meraviglioso. Bah, io certi turisti proprio non li capisco.
Colonna sonora: “Look at me” Geri Halliwell
ps. ho raccontato di questi due russi perchè, benchè avessero esordito senza un buongiorno od un buonasera, alla fine sono riuscito a strappargli un sorriso. Ma non immaginate neanche quanta gente entra sicura di aver prenotato da noi quando invece hanno sbagliato, o solo a chiedere informazioni, e non saluta o neanche pronuncia un timido grazie. C'è a giro una maleducazione odiosa, da pretendere una rieducazione gulaghiana impellente. Ma la mia speranza è che la coppia russa sia arrivata sana e salva nell'albergo che avevano prenotato, e non abbiano sbattuto la risma a4 anche sul bancone di quell'albergo. Ed abbiano salutato il mio collega. E sorriso. Come si conviene. Sempre.

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