Ricordate
cosa diceva Nanni Moretti sul sentirsi minoranza?
Bene,
aveva torto.
Essere
e sentirsi minoranza è un'esperienza che può avere del devastante.
Altro che stare a proprio agio. Ti fa capire come sia pessimo
sentirsi piccoli. Come il dottor Lemuel Gulliver quando arriva a
Brobdingnag.
Cena
di famiglia.
Per
una volta, tutti e 4 a tavola.
Avere
a giro per casa una bambina di 9 anni può comportare domande
imbarazzanti. Cominciano a quell'età. Nel caso della Camilla, anche
prima. E non è che la Gaia, 7 anni, sia da meno. Anzi.
“Mamma,
ma se tu e babbo vi lasciate, noi cosa facciamo?”
Gli
spaghetti non volano, ma possono restare sospesi a mezz'aria. A metà
strada tra il piatto e la bocca. Per un tempo che varia dai 2 secondi
all'era geologica.
Due
sguardi che si incrociano.
Un
unico pensiero: bisogna smettere di fargli vedere sos tata. Queste
bramano di avere la Lucia a giro per casa. Soprattutto da quando
hanno visto la puntata con i genitori separati.
La
più saggia di famiglia apre la bocca.
“Beh,
io mi risposerei con un altro uomo”
“Quindi
noi avremmo un altro babbo?”
“No,
il babbo sarebbe sempre lo stesso, sarei io che cambio marito”
E
lì, ho la poca accortezza di affermare un minimo di propria,
eventuale indipendenza e libertà di scelta:
“Anche
io mi risposerei con un'altra donna”
All'unisono,
tutte e due. Neanche fossero un'unica entità.
“No,
tu no, babbo!”
Mezz'ora.
Mezz'ora
di risata. Da parte della Sara. Non riusciva a smettere. Io lì,
soggetto ad un pietrificus da
fare invidia ad Hermione. Gli spaghetti ancora a mezz'aria.
Lei che ride a più non posso.
Come
diceva uno che conosco: le sfami, le cresci, e questo è il
risultato.
I
bambini non sono democratici. Sono totalizzatori. Il babbo deve
credere, obbedire, combattere. E subire. La mamma è uber alles. Non
si tocca. Non si cambia.
Visto
che si parla di mia moglie, alcuni episodi avvenuti dove lavora.
Cronaca di un normale turno pomeridiano.
1.
Prenotazione internet, camera doppia, non rimborsabile. Causa
sciopero generale (era di un mese fa), il centro prenotazioni, su
richiesta del cliente, chiede la cancellazione senza penale.
Trattandosi di un evento provato e dannatamente inevitabile, e della
limpida impossibilità del cliente di arrivare a Firenze, la
direzione da l'ok: cancellazione senza penale. Prontamente, il centro
prenotazioni invia la conferma di cancellazione. Si allega alla
pratica e finisce lì, archiviata tra tutte le altre cancellazioni.
Uno
pensa che finisca lì.
Si
ha a che fare con un centro prenotazioni internet. E' come costruire
un'autostrada od un ponte nel sud Italia: non tutto riesce alla
perfezione. Praticamente niente.
Mentre
è a fare il resoconto commissioni di Dicembre, la Sara si rende
conto che il centro prenotazioni in questione ha fatturato la
commissione per quella prenotazione.
????
Li
contatta con mail contestando il fatto. Se il cliente non è venuto,
perchè mai dovrei pagarti una commissione?
E
questi geni se ne vengono fuori che “la prenotazione non è mai
stata riconciliata sul sistema”.
Ora,
chi legge il mio blog, al 90%, è un collega. Sa cosa è una
riconciliazione. Capisce di cosa si tratta. Starà strabuzzando gli
occhi. Se tu, centro prenotazioni stesso, hai cancellato, che diamine
dovrei riconciliarti? E' tutto a zero. Non pretenderai che io,
banconista, debba fare un azzeramento di una prenotazione che TU hai
cancellato. Fattelo da te, sul tuo sistema.
Ma
il punto non è dover fare il lavoro di altri.
Il
punto è che voi non avete mai visto la Sara arrabbiata.
Io
si.
Credetemi
se vi dico che preferirei di gran lunga avere a che fare con un
battaglione di orchi di Sauron che carica a testa bassa. Me la
immagino, china sulla tastiera, faccia rossa come il vecchio
stendardo sovietico e fumo che sbuffa furioso dalle orecchie modello
steampunk versione splatter mentre lancia maledizioni senza perdono a
tutti i lavoratori del centro prenotazioni suddetto.
Io
tremo, solo a pensarci.
2.
Indiani.
Come
sempre, quando si tratta di clienti di questa nazionalità, il/la
banconista rischia di trascorrere interi turni di lavoro a rispondere
alle loro domande. Ore ed ore a farsi spiegare dove si trovano TUTTI
i musei della città, TUTTE le chiese, TUTTI gli orari di treni e/o
pullman da Firenze per ogni paese della Toscana, TUTTI i centri
commerciali della regione, che una visita adeguata comporterebbe un
soggiorno alberghiero di 4 mesi. E nella maggior parte dei casi si
tratta di clienti che restano solo una o due notti. Ma purtroppo
hanno quest'idea retrograda per cui, poiché pagano, debbano
usufruire del servizio nella piena totalità, e sanno benissimo che
il 90% delle domande che pongono solo totalmente inutili perchè non
avranno mai il tempo di visitare tutto. E la cosa peggiore è che
insistono a restare lì al bancone anche quando dietro di loro hanno
una fila di 12 clienti che attendono di fare cose ben più urgenti
come un check-in od un check-out. Non mi stupisco che siano
completamente privi di sistema giudiziario e/o investigativo.
La
Sara, bontà sua, si salva da questo supplizio perchè gli indiani
arrivano quando c'è in turno la Cecile, collega franco-lusitana con
un carattere che è una via di mezzo tra un conquistadores portoghese
e Robespierre. Un tipetto deciso, ecco. Che ovviamente, al cambio
turno, informa mia moglie delle difficoltà di lavoro quando questi
tipi gravitano attorno al bancone. Cioè molto spesso.
Ovviamente,
a metà pomeriggio, chiamano dalla camera.
“Wifi
not working”
Se
avete notato la mancanza del verbo essere inglese e del “Good
evening, i'm calling from room xyz” non è un errore del
sottoscritto. E' quel che riferiscono, letteralmente.
La
Sara si attiva per verificare. Nella hall il wifi funziona
perfettamente. Invita la cliente, se non è un problema, a scendere
giù ed utilizzarlo giù, scusandosi per l'inconveniente al piano.
“No.
I want it in my room”
Richiesta
legittima, il servizio va fornito. Ok, controlliamo subito. Mentre il
facchino sorveglia il bancone, sale al secondo piano con il suo
cellulare.
Il
wifi va che è una scheggia.
E
si trova davanti alla porta della camera degli indiani.
Com'è
giusto che sia, non bussa, ma torna al banco e li richiama. Li
informa che il wifi funziona benissimo.
“No,
it's not working”
Si
passa al secondo controllo: il facchino sale con il suo apparecchio
ed effettua pure una chiamata via skype ai parenti in Egitto. Scende
a riferire alla collega del bancone, che informa i clienti in camera.
Risposta:
“Wifi
is not working”
Io
salgo su e ti spezzo le braccine! Io stacco i ditini e ci gioco a
Shangai! Prendo un coltello dalla caffetteria ed alla tua fronte
faccio quel che fa il tenente Raine ai nazi!
In
quel momento scende la coppia italiana della camera xyz+1, accanto a
quella degli indiani. Mentre riceve la chiave della camera, mia
moglie gli chiede se hanno problemi con il wifi.
“No,
nessun problema. E' velocissimo”
La
Sara, ormai in stato berserk, chiama gli indiani in camera e gli
riferisce che il wifi funziona, senza alcun dubbio.
“Yes,
it's working but it's very slow. You must check”
Come
abbia fatto a resistere dal saltare il bancone e trafiggerli con il
tagliacarte quando sono scesi per andare a cena, non lo so. Un giorno
lo farà, la metteranno in galera per duplice omicidio volontario. Ma
forse un giudice comprensivo lo trova. Poi non potrei neanche trovare
un'altra donna. Me lo vietano.
Come
il Vesuvio prima del botto, che ribolle all'interno ma mostra un
bell'aspetto rassicurante ai pompeiani, rassicura i clienti che
chiamerà un tecnico per sistemare il wifi. Proprio due minuti dopo
scendono anche i clienti della xyz-1, e dopo un po' anche la xyz+3.
Tutte allo stesso piano. Prova a chiedere anche a loro, giusto per
scrupolo.
Risposta:
“Wifi is working great”
Ormai
è palese: la signora indiana è una totale incapace nell'uso delle
sue apparecchiature elettroniche, e non riesce a configurare
cellulare e/o portatile col wifi della struttura che la alloggia. Ma
non vorrà mai ammetterlo, e si sfoga incolpando l'albergo. Discutere
con costei e farla ragionare è come la resistenza contro i Borg:
futile. Quando gli indiani rientrano dalla cena, mia moglie gli
conferma che il tecnico è venuto ed ha risistemato il wifi, ed ora
funziona perfettamente.
Chiaramente,
la Sara non ha chiamato proprio nessuno. Non ha neanche resettato la
macchinetta dell'internet. Ma la cliente indiana si merita la balla
colossale. Come diceva Wolinsky (sigh): “Se si è sicuri di avere
ragione, non c'è bisogno di discutere con chi ha torto”. Anche se
forse intendeva altro.
Ah,
la mattina, alla partenza, la signora indiana ha ringraziato che “the
wifi was working very well”.
3.おふろ
.
L'ofuro
non è un qualsiasi bagno in una vasca.
L'ofuro
è un'esperienza mistica. Il relax supremo. Il piacere totale e
definitivo.
Ho
avuto l'altissimo e nobile piacere di provarlo, quando ero laggiù.
Prima
occorre lavarsi in doccia, in maniera attenta e scrupolosa,
rimuovendo ogni particella di sporco prima e di sapone poi.
Quindi
si entra nella vasca, con l'h2o che ha la stessa temperatura a cui
italiani la portiamo quando ci immergiamo gli spaghetti.
Ogni
micron della pelle lotta contro l'ineluttabile destino di finire
lessato come un pezzo di magro nel brodo. E non è una prova
semplice, soprattutto quando arriva al livello dei genitali.
Ma
una volta che si è dentro, con l'acqua che lambisce il mento,
comincia un viaggio mistico che qualsiasi sostanza chimico-psicotropa
non può neanche lontanamente eguagliare. Non si vorrebbe più uscire
fuori.
Solo
da questo si capisce come i giapponesi siano di molti livelli
superiori a noi.
Ma
purtroppo in Italia queste cose intelligenti non le abbiamo. Siamo
italiani. Pessimi, per natura.
Disavventura
finale per il portiere di notte. E non da poco.
Poco
prima di andare via dopo il turno pomeridiano, arriva una non
rimborsabile. La Sara lascia la consegna a Ben, turno di notte.
Alle
2 si presenta una coppia giapponese residente in Italia. E forse il
problema è proprio questo.
Ai
giapponesi, come ben sappiamo noi albergatori, piace la vasca.
Primo
problema: la camera è fredda. Ben sale e verifica. In realtà
sarebbe ben calda, ma il cliente insiste, perciò gliela cambia. Solo
che questa nuova camera, li avverte, non ha la vasca, ma la doccia.
Ma
a loro va bene uguale. Cambiano.
Ora,
a parte che questa nuova camera è anche più fredda della
precedente, va comunque detto che è più carina (le conosco,
fidatevi). Probabilmente non gli piaceva quella prima. Ok, potevano
dirlo, ma sono fortunati che l'albergo, aimè, non è completo.
Purtroppo
non è finita qui.
Dopo
mezz'ora chiamano al ricevimento.
“Abbiamo
un problema, il bagno è allagato”
?????
Bagno
allagato?
Ben
sale, ed effettivamente il pavimento del bagno è pieno d'acqua.
Totalmente inondato. Ed il cliente giapponese, con tutta la
tranquillità di questo mondo, come se fosse una cosa normalissima,
gli mostra il motivo dell'inondazione:
-Abbiamo
tappato la doccia per riempirla-
!!!!
Non
avendo la vasca, hanno avuto la splendida e geniale pensata di
tappare il buco della doccia per riempirla. Per provare l'esperienza
mistica dell'ofuro stando in piedi. Erano sicuri che, una volta
richiuso lo sportello, questo si sarebbe sigillato a tenuta ermetica
modello portellone della stazione spaziale orbitante.
Chiaramente,
ciò non è avvenuto. L'esperienza mistica l'ha provata il pavimento
del bagno.
Hanno
ricambiato camera. Sono tornati a quella di partenza.
Sapete
che si deve fare in questi casi, vero?
Se
avete gli occhiali, toglieteli.
Mano
sulla faccia.
Facepalm.
Ineluttabile.
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