Non so voi, ma io
la moda non è che la capisca molto. Diciamo pure punto.
Adesso
vanno forte i pantaloni corti alla caviglia.
Ora, per una donna
hanno un suo perché, anche se con le dovute eccezioni. Se le indossa
una ragazza magra e con scarpa col tacco, ok, ci sta. Pure molto
bene, in certi casi. Se le mette, come mi è capitato di vedere, una
ragazzona yankee sul quintale e con gli anfibi, si rasenta il divieto
di uscire di casa.
E non è per il peso, anche perché molto di
quel quintale stava nel seno.
E dal mio punto di vista, è
un’ottima disposizione.
Non diciamolo troppo a giro.
Ok, non
divaghiamo oltre.
Il problema è che si vestono così anche gli
uomini:
pantalone alla caviglia;
calzini;
mocassini.
A Firenze c’è
Pitti.
Il che spiega molto cose.
E diversi clienti sono
giapponesi del mondo della moda.
Parlano inglese ed alcuni anche
un buon italiano, ma si vestono che un alieno direbbe “questo
pianeta non ha forme di vita intelligente. Proviamo su quello lì di
colore rosso, promette bene”. Oltre a quel che ho scritto sopra,
uno di loro l’altra notte rientro con un cappello in tutto e per
tutto uguale a quello parlante di Harry Potter.
Ma si può fare di
peggio.
Prima notte. Scende questo giapponese, con il seguente
abbigliamento:
cappotto;
accappatoio. Ovviamente lo indossa
sotto il cappotto, ma essendo più lungo di quest’ultimo, sembrava
avesse una gonna bianca. Che lasciava scoperte le gambe sotto al
ginocchio;
calzini
ciabatte.
Ok, va bene, scendi al
ricevimento abbigliato così. Te ne freghi di quel che può pensare
il portiere. Mi devi chiedere qualcosa? Mi pagano per questo.
Ma
lui vuole uscire. Alle 2 di notte.
Non è che lasci molta fiducia
sulle possibilità di un’uscita tranquilla per Firenze così
agghindato ed ondeggiando a destra e sinistra che pare un
peschereccio con Schettino al timone, ma tant’è, la scelta è
sua.
Gli apro. E’ allarmato della chiave. Daijobu (ok), non
rimarrai chiuso fuori, basta che mi suoni il campanello quando
rientri.
Esce. Gli mostro il campanello.
“This?” E lo
preme. Ovviamente il campanello suona.
“Yes”
“This?” E
preme una seconda volta.
…
“I told you, just rin…”
Non
riesco a finire la frase, perchè preme una terza volta.
Stavolta
non riesco a dirgli niente, né in giapponese né in inglese. Penso
seriamente sia il caso di riportalo dentro e posarlo a sedere su un
divano. E chiamare la neuro.
“When you come back?” Magari
vuole solo fumare sull’ingresso.
“10 minutes”
“Daijobu,
I’m not going anywhere”
Chiudo. Lui sparisce nella notte
fiorentina.
Tornerà dopo due ore.
Non finisce qui.
Martedì
notte mi riappare. Stessa ora ma con un piccolo cambiamento nel
vestiario.
Cappotto ed accappatoio sono gli stessi. Ma non ha
calzini e ciabatte.
Ha gli anfibi.
Se possibile, ondeggia più
della notte prima. Non è semplicemente ubriaco, è proprio
fatto.
“Bar?”
Non mi pare il caso che stanotte tu esca.
Meglio se rimani qui. Si, c’è il bar.
Si appoggia con i gomiti
al bancone del bar.
Gli cade la testa sopra.
Si rialza di
scatto, poco prima della botta.
Gli ricade di nuovo.
Mi giro e
mi metto la mano sulla faccia. Facepalm totale.
“wine?”
Vuoi
il vino? Ok, ecco una bottiglia.
La apro, e lui va al bancone. Ed
ora cosa c’è?
Cerca un suo amico, ha bisogno di un compagno di
libagioni.
Gli dico il numero di camera di questo amico, ma non
riesce neanche a premere i tasti sul telefono di servizio. Devo farlo
io, altrimenti si rischia che sbagli e chiami qualche altra camera, e
dubito che l’occupante sarebbe contento di essere svegliato nel
cuore della notte.
L’amico non risponde.
Riprova. Niente.
Prova ancora ed ancora. Nessun risposta.
Mi dice che sale a
bussargli. Provo a suggerirgli di lasciar fare, l’amico se la dorme
della grossa, ma neanche mi risponde. Sale su per le scale. Sta a
vedere che non riscende, e m’ha fatto pure aprire una bottiglia di
vino.
Invece no, riscende dopo 10 minuti, pretende la sua
bottiglia di vino. La prende e finalmente se ne va. Segno ed
addebito. Scenderà dopo un'ora a prenderne un'altra.
Ho fatto il
mio dovere, parte di quei soldi andranno anche nella mia busta paga,
ma mi chiedo seriamente se ho fatto bene. Non dovevo chiamare la
neuro, ma gli alcolisti anonimi. “Ciao, io sono Toshiro” “Ciao
Toshiro” “Sono qui perchè ho un problema”.
Ho urgente bisogno
di giapponesine. Vere turiste. Astemie.
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