In
albergo, quando si lavora al pubblico e con i turisti, capita di
incontrarne alcuni che sono come la scritta “no euro”.
Non
è la scritta in sè, il problema.
E'
che se questa sta su una felpa, inevitabilmente è antipatica ed
odiosa, ma se la metti sulla busta paga del possessore della felpa,
diventa improvvisamente logica ed accattivante.
Allo
stesso modo, alcuni clienti possono essere problematici in certi
momenti, e rivelarti vere perle di genialità in altri.
Clienti
italiani, sui sessant'anni.
L'arrivo
non è dei migliori. Benchè sia di mattina, e sapessero, testimone
il cartaceo delle mail con il nostro ufficio prenotazioni, che la
camera non sarebbe stata disponibile subito e bisognasse attendere
partenza dei clienti e conseguente pulizia, mostrano subito una
discreta scocciatura. Lui soprattutto, che cammina come se avesse la
classica scopa infilata su dove non batte il sole.
Anche
avendogli dato una delle migliori camere, hanno lamentele, in
particolare sull'aria condizionata. In realtà l'aria funziona, solo
che non è mai tenuta alla massima forza. Perchè comunque 26 gradi
sono più che sufficienti per mantenere un discreto ambiente, mentre
20 sono quelli giusti per beccarsi una laringite. E comunque, a
scanso equivoci, inviamo il facchino a controllare; ed ovviamente il
risultato è che l'aria va, e la lamentela è puramente fine a sé
stessa.
Poi
arriva il lunedì.
Arrivo
per le 23 che uragano Katrina è ai massimi livelli di disperazione:
c'è un problema gravissimo, un'emergenza nazionale da servizio di
studio aperto:
non
è riuscita a finire di fare i check-in.
E
la mia disperata ed inconsolabile collega vuole mettersi nel retro a
finire i check-in. Ed un po' mi arrabbio, perchè non ti devi
sacrificare in 10, 30 od anche 60 minuti di straordinario non
retribuito perchè vuoi a tutti i costi finire un lavoro che non sei
riuscita a finire per 8 ore di seguito. Non è che in quelle 8 ore
non hai lavorato. Hai servito i clienti. E' quello che facciamo, è
il nostro mestiere. Certo, rompe che il sign. Singh ci tenga lì per
un'ora a chiederci l'esatta distanza in chilometri da Firenze a Pisa
(“Rafferlty, 70 km, sir” “Yes, but excactly? Can you check on
your computer?” E così via per Siena, Volterra, Montalcino ed
altre località che mai andrà a visitare). Capita, di rimanere con
alcune cose da fare quando arriva la fine del turno e l'ora di
tornare a casa, dove ci aspetta una misera cenetta ormai semifredda
mentre il resto della famiglia già dorme della grossa. E magari
l'indomani mattina c'è da tornare perchè dopo il 15-23 c'è anche
un 7-15. Perciò cerco di convincere la Kate a non piangere se mi
deve lasciare del lavoro, che ci credo che si è data da fare, e
smettere di piangere ed agitarsi come Jaqueline su quell'auto a
Dallas. The buck stops here, come direbbe Obama. Il problema ora è
mio e lo risolvo io.
In
quel momento rientrano questi clienti italiani.
Gli
dò la chiave mentre ripeto queste parole alla Kate in lacrime, li al
banco. In maniera quasi meccanica, senza togliere lo sguardo dalla
faccia della mia collega, passo la chiave ai clienti.
E
lui, prendendo la chiave dalla mia mano, dice alla moglie:
“Hai
sentito? Lui è come quello di Pulp Fiction. Risolve problemi”
Mi
guarda, vede il mio sguardo sorpreso, ed accenna un sorriso.
“Come
si chiama l'attore?”
“Harvey
Keitel”
“Giusto,
bravo”. Poi entra in ascensore.
Ho
fatto 8 ore di turno notturno che mi sentivo mr Wolf. E pazienza se
invece di nascondere cadaveri, dovevo archiviare malloppi di pratiche
da 3 etti l'uno.
8
ore leggerissime.
ps.
il problema poi era leggermente diverso, ma niente di trascendentale.
Non sono riuscito a risolverlo il lunedì notte, ma quella dopo, in
maniera del tutto imprevedibile e casuale. Quindi, per essere mr.
Wolf, ho ancora molta strada da fare.
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