Amarcord 2015
Farsi un fine settimana di turni alberghieri nel forno del centro Firenze mentre la famiglia è a sguazzare nell'ambiente marino adriatico-abruzzese, è deprimente come la mail che ricevetti ad Ottobre 2014 dall'ente del turismo della Vallonia, e che mi informava che erano molto spiacenti, ma i posti da figurante per la rievocazione bicentenaria di Waterloo erano già completi. Da mesi.
Io mi ci vedevo già a marciare per i campi belgi con pantaloni bianchi, giaccone azzurro, berrettone e fucile ad avancarica (finto), assaltare la fattoria La Hayle cantando a squarciagola la marsigliese, ed infine ricreare la rotta dell'esercito francese al grido di “Merde! La Guarde recul!” Ero pronto pure a farmi crescere un paio di mustacchioni che fanno tanto francese virile, quei francesoni massicci e guerreggianti dell'impero, non quelli a cui giravano le balle a vedere Bartali che macinava solitario i tornanti dell'Izoard.
Invece niente.
Un fine settimana di Giugno significa sorbirsi le partenze di pitti bimbo. Quell'evento dove capisci che la scritta “Save the children” sulle magliette della Fiorentina, non si riferisce ai piccoli africani poveri, ma ai piccoli occidentali ricchi costretti dai genitori a sfilare sulle passerelle.
Poi mi appare un disegno multicolore.
Una specie di murales arcobaleno che si porta appresso una spalla nuda. Nello stesso corpo, un intero negozio Limoni di trucco e uno sguardo che vedrei bene su uno spetznaz, che non su una trentenne dalle forme poco raccolte in canotta, pantaloncini e zeppe di mezzo metro.
Accanto a lei, si palesa una specie di ragionier Ugo con gli occhialetti del suo collega impiegato Filini. Anche lui con canotta di color nero, pantaloncini e ciabatte. Ma diversi anni in più.
Mi passa una dozzina di fogli stampai da un noto portale on line. Basterebbe un nominativo, ma lui ha stampato ogni pagina del portale, anche le foto della pubblicità della Grecia (la pubblicità che invita a comprarsela, non ad andarci in vacanza). Da una stampante in bianco e nero, ovviamente.
Come sempre in questi casi, cerco disperatamente il nominativo della prenotazione, perchè su questi stampati si trova tutto, qualsiasi informazione, tranne il nome di chi ha prenotato. Ma la tatuata mi viene viene in aiuto con il suo affusolatissimo ditone con unghie anch'esse coloratissime.
-QUI! QUESTO E' NOME!- con un'intonazione che se ci fosse un “deh!” penserei che mi trovo su una banchina del porto di Livorno. O forse, visto la nazionalità, di Costanza.
Il nome, chiaramente, è italiano. Quello di lui.
E per l'appunto, il ditone della lei copre, neanche a farlo apposta, le date del soggiorno.
Del mese prossimo.
Uno pensa: oh, capita. Sbagliano a prenotare, invece di Giugno, prenotano in Luglio. Si, capita, ma di solito non sbagliano il giorno. Costoro invece hanno sbagliato anche quello.
Ma non è quello il punto.
Il punto è che non si è mai preparati ad una lei che apostrofa il lui con “TU SBAGLIATO! TU NO CAPIRE UN CAZZO!”
Lui, mortificato ai massimi livelli, testa bassa mentre lei lo infama, mi chiede se li posso accomodare. Per fortuna loro, avevamo ancora camere libere. Coincidenza, la tariffa era pure la stessa; ovviamente, vi fosse stata una differenza, l'avrebbero pagata. Altrettanto ovviamente, non sarebbe avvenuto in contrario. Era una non rimborsabile.
Senza neanche glielo chieda, tira dalla tasca un portafoglio delle dimensioni di un Invicta dell'87. E come lo apre, quasi strabordano fuori una quantità di fogli gialli che avrebbero permesso la liquidazione del mutuo, sia il mio che quello di mio cognato.
Lo infama, ma se lo tiene stretto. Chissà perchè....
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