Noi portieri di notte siamo un pò dei confidenti. Dobbiamo saper ascoltare. Sentire quel che le persone vogliono dirci, che siano i loro problemi di vita o momenti di felicità. Ovviamente, preferiamo di gran lunga i secondi ai primi, ma comunque occorre avere soprattutto un fattore: la pazienza.
Ore 4 del mattino. Scende, puntualissimo, questo ometto che più americano non si può, più basso di me ma atletico, sulla sessantina, una spruzzata di capelli bianchi in testa e un sorrisone stampato sulla faccia. Saluta con un buongiorno decisamente sonoro e chiede due caffè americani.
Sono lì apposta. Lo faccio accomodare poi vado a preparagli quanto richiesto. Lui è felice. Si gusta i caffè mentre guarda video del tennis al telefono, poi chiama negli States. Parenti? Amici? Cerco di non ascoltare, non sono affari miei, anche se spesso la gente parla a voce così alta che si sente tutto. Torno al bancone a continuare il mio lavoro.
Sennonchè, finiti i caffè, l'americano viene al bancone. Evidentemente vuole fare due chiacchiere. Volentieri, noi notturni siamo tipi che, a furia di stare da soli, potremmo dipingere una faccina su un pallone, se ce ne capitasse uno. Quindi un pò di compagnia è bene accetta.
Solo che costui vuole attenzione al 100%.
Mi dice che ha due figlie, al che replico "anche io!". Oh, ganzo, ma a lui interessa meno di zero. Basta che stia zitto e ascolti. Mi mostra, sul cellulare, le foto di queste due belle ragazze, una delle quali è su in camera con la moglie. In effetti lui e la signora partiranno, mentre la figlia resterà qui a Firenze per studiare. In un appartamento che gli ha comprato.
Aspetta, cosa?
Comincio a pensare che il tipo sia decisamente ben messo, economicamente. In effetti soggiorna in una camera il cui costo dimezzerebbe il mio mutuo. Nell'ordine mi mostra:
-la foto di lui e il direttore della compagnia aerea, lo conosce personalmente; ha diversi milioni di miglia all'attivo e se deve prenotare un volo, chiama direttamente lui, che gli riserva i posti migliori, quelli in classe ultra business, dove ci sono gli schiav.. i paggetti che gli sventolano le foglie di palma;
-le foto delle partite di pallacanestro dei Miami Heat. Fatte dal suo esclusivo posto a sedere, quello a bordo campo. A due metri dai giocatori;
-il video della sua casa, fatta come nei filmati sulle ristrutturazioni che danno su real time. Ma chiamarla casa è eufemistico: 3 piani, doppia cifra di camere, una sala da pranzo che ci potrebbe giocare a calcetto e bagni per lavarci un battaglione. E sull'esterno, un pratino che gli inglesi si mordono le mani, affacciato il canale dotato di attracco per la barca. Mancava solo il ponte levatoio e i balestrieri sulla terrazza panoramica.
-Le immagini del mar Egeo riprese dalla terrazza della cabina su cui è stato in crociera l'estate scorsa. Praticamente la suite in cima alla nave. Io potrei permettermi, a malapena, una brandina in sala motori.
A un certo punto, accortosi che erano le 5 passate, è dovuto tornare in camera, ma sono quasi certo che, se avesse avuto ancora un pò di tempo, mi avrebbe mostrato il deposito dove tiene i dollari.
Insomma, con pazienza, mi sono sorbito il suo entusiasmo e la sua felicità nel possedere così tanto e nel goderselo, questo tanto. Una discreta sboronaggine, scusate il termine.
Ma, mentre ero all'ascolto e alla visione, sul suo telefono, di tutto quel che possiede costui, dentro di me pensavo:
quanto mi piacerebbe venire a farti un bell'esproprio proletario!
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