Chiedo
scusa se non mi metto a fare tanti preamboli, ma questa settimana non
è stata quel che si suol dire “il non plus ultra dell'entusiasmo”.
Non arriva una gran voglia di scrivere, quando si sentono notizie su
una caterva di morti ammazzati.
Episodio
di qualche anno fa.
Coppia
francese, sui 40.
Alti,
distinti, portamento signorile.
Alain
Delon e Catherine Denevue a braccetto. Lavorare ad un bancone di un
ricevimento alberghiero, a volte, rende mille volte meglio di un
qualsiasi 3D.
Intendiamoci:
non somigliavano per niente a loro, ma lo sguardo era uguale
spiccicato: quell'espressione severa e passionale al tempo stesso, e
che rivedi solo in una Marianne che guida i rivoltosi alla Bastiglia,
un Bonaparte alla testa delle sue truppe, un De Gaulle che parla ai
suoi concittadini da radio Londra e, appunto, i due attori in uno
qualsiasi dei loro film. Ben vestiti e curati, che pensi siano lì
per sbaglio, e la loro vera destinazione sia il Savoy in piazza della
Repubblica, piuttosto un semplice 3 stelle nei pressi della Stazione.
E non avevano neanche una gran camera.
Ma
a loro non importava. Si presentarono al bancone con un accuratissimo
e dettagliato programma della loro tanto bramata vacanza toscana: un
giorno intero dedicato a Siena ed il Chianti, un altro per Fiesole o
Pisa, un altro per... oh, beh, non me lo ricordo. Di quel foglio a4
completamente riempito di scritte a penna con un carattere che anche
una formica avrebbe faticato a decifrare, un particolare spiccava su
tutti: un intero giorno dedicato ai principali musei fiorentini: gli
Uffizi e l'Accademia.
Un
giorno che noi italiani avevamo completamente dedicato ad uno degli
sport nazionali, di cui siamo campioni mondiali.
Lo
sciopero.
Come
pronuncio la parola “Greve” (e non si riferisce al paesino del
Chianti, ma al termine francese per sciopero, che si pronuncia senza
la e finale) il francese prima strabuzza gli occhi, poi se ne esce
con una serie di “merde” che non si sentiva echeggiare sul
pianeta dalla vittoria di Bartali sull'Izoard.
Parte
in quarta con una serie di improperi verso di “noi”. Un anno
intero a programmare questa tanto desiderata visita e “noi”
scioperiamo.
E
mentre è lì che si incazza come la classica iena a cui viene
portata via la carcassa da sgranocchiare, lei gli tocca la mano.
E
lui si blocca.
E
lei lo guarda, negli occhi.
Un
phaser settato alla massima potenza non riuscirebbe a fondere
l'acciaio meglio di quello sguardo.
-Ecoute
moi, ascoltami. Siamo in vacanza. Sei qui con me. Ensamble. C'est pas
grave, non è poi così importante-
Per
qualche secondo magico, irreale, impossibile da descrivere, in quella
hall alberghiera non si sentì volare la classica mosca. Il telefono
dell'albergo non squillò. Non entrò, o scese dalle scale, nessun
cliente. Nessuna auto passò davanti all'ingresso. C'erano solo lui e
lei che si fissavano negli occhi, di quegli sguardi che si capiscono
senza parlare, per un'intera vita. Un'eternità di silenzi complici,
di comprensioni che solo le vere coppie hanno, e la Piaf che canta in
sottofondo.
Ed
io lì, con le pupille che voltano prima su di lei, poi lui, poi di
nuovo lei.
Spettatore
unico di un film che mai nessun altro avrà il privilegio di vedere.
Poi
il momento magico ha termine, e si passa alla farsa da commediola con
Depardieu; lui volta lo sguardo nuovamente verso il portiere e,
alzando le spalle, pronuncia un “C'est la vie”. Ma purtroppo
rovina tutto cominciando con un “Mais ce n'est pas possible”
mentre sbuffa come un mantice, con quella boriosità così
antipatica, quel voler a tutti i costi insegnare a noialtri come si
vive e ci si comporta, antipatici cugini d'oltralpe, abbozzatela con
questa prosopopea, ricordatevi di Berlino e di chi ha alzato la
coppa, ed abbassate un po' la cresta di galletti spennati.
Vieni
a me a dire che non è possibile? Io ci vivo qui; queste situazioni
me le trovo tutti i giorni, bello. E non sono musei: sono scuole,
mezzi pubblici, servizi ... Eh, dici bene te “Il faut changer...”
a parole, tutti hanno cambiato tutto. Della dozzina di governi che
abbiamo avuto negli ultimi vent'anni, il nuovo è già arrivato più
e più volte. E non voglio pensare a quello che sta per arrivare.
Allora
intervenne nuovamente lei, che con voce dolce e suadente, dice che
comunque sono in vacanza e vogliono stare bene, e mi chiese un posto
per mangiare. Poi dicono che siamo noi italiani, quelli che si godono
la vita.
Quando
rientrarono erano mano nella mano, con quel sorriso che hanno solo le
coppie serene e felici, e dopo avermi chiesto la chiave, lui mi
guarda e mi fa:
“Florence
est magnifique. Bravò”
Bravò,
come se fosse merito mio, di essere nato e cresciuto qui.
E
mentre se ne salgono in camera, sempre mano nella mano, e sguardo
fisso l'uno nell'altra in ascensore, penso che quando sono così, io
li adoro, i francesi.
Nessun commento:
Posta un commento