Sono fermamente convinto che la legge sulla privacy sia
fortemente sopravvalutata.
Intendiamoci: sono favorevole alla norma così com’è, solo
che spesso non teniamo conto del fatto che è estremamente soggettiva. E’ un po’
come il fuorigioco nel mondo del calcio: ci sono squadre a cui viene fischiato
sempre e comunque, altre per cui non esiste affatto. Ed io, che in quanto a
sfiga non mi faccio mancare niente, tifo per una di quelle tra le più odiate dalla
classe arbitrale.
Il punto è che ci sono persone a cui non pare vero di
raccontare i fatti propri a perfetti sconosciuti.
Turno pomeridiano, di bassa stagione. Pochi (aimè) clienti e
molte più chiacchiere con questi. Non che mi dispiaccia, due chiacchiere le
scambio sempre volentieri, ma con il dovuto limite. Un po’ come Sheldon Cooper
quando si trova ad affrontare un argomento che non sia la fisica quantistica, i
trenini od i giochi di ruolo: per un po’ ci sta dietro, poi si stufa e si mette
a leggere Hawkings.
Cliente spagnolo, ha quasi 70 anni e ne dimostra 50, capello
lungo ed occhialini alla Briatore, ha prenotato una doppia uso singola, cioè
una doppia per una persona sola, per stare più comodo. Scende al bancone perché
attende una chiamata dall’assicurazione sanitaria in Spagna. Ha mal di denti e
deve sapere a che dentista deve rivolgersi, od al limite quanto può spendere
per una visita a Firenze per sapere fino a dove sarebbe rimborsato. Passa un’ora
al bancone in attesa della chiamata, l’agenzia non lo considererà di un
millimetro, evitando di chiamarlo sia al cellulare che direttamente all’albergo.
Poi si stuferà di aspettare ed andrà agli Uffizi, perché non vuole perdersi la
visita, visto che il giorno dopo torna a Barcellona, tanto ha preso un
antidolorifico.
In quell’ora mi racconta ¾ della sua vita: parla 5 lingue,
compreso l’yiddish perché il figlio ha sposato un’israeliana e vive a Tel Aviv,
ha visitato tutta l’Europa e mi decanta le lodi di San Pietroburgo con mia somma
invidia. Parla bene di Firenze “muy preciosa” e lì gongolo felice da bravo
fiorentino schifosamente orgoglioso d’esserlo. A è uno di quei tipi che, come
ti metti ad accennare che “si, anche io ho visitat..” sei interrotto da un “E
poi sono stato qui e blablabla”. A quel punto molli e stai solo a sentire. Di
solito sperando che se ne vada presto, solo che costui è simpatico e
soprattutto spagnolo, quindi sto a sentirlo volentieri.
Poi però passa a lamentarsi della camera. Ora, io lavoro in
un 3 stelle molto tranquillo. Chi viene qui non lo fa per stare in albergo, ma
per vedere la città, anche se l’invenzione del wi-fi ha profondamente aggravato
il problema, visto che ormai quasi tutti dedicano metà del soggiorno a stare al
pc che non girare per i musei, e quindi pretendono anche belle camere. Il che,
in un posto abbastanza modesto dove lavoro io, può significare anche qualche
problema, se ci si trova davanti il cliente pretenzioso.
Vorrei spiegargli che l’albergo è un modesto 3 stelle, si
spende poco e si trova il giusto, non si può pretendere il Grand Hotel, ma lui
insiste, soprattutto sul bagno:
“La ducha es muy, muy pequeña, si llegava mi mujer no podia
hacerla” E lì apre la mani come Sampei quando deve mostrare la grandezza dell’ultima
carpa che ha pescato e fa:
“Ella tiene un culo asì”.
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